12-13 giugno: il nostro tempo

12-13 GIUGNO: IL NOSTRO TEMPONon siamo nati negli anni ‘60, non abbiamo partecipato ai cortei studenteschi del ‘68, non abbiamo partecipato alle grandi battaglie civili a cui hanno partecipato i nostri genitori e che grazie a loro, alle loro fatiche, ai loro sogni, alle loro speranze, ci hanno portati al mondo di oggi. Siamo nati alla fine degli anni ‘80, quando il mondo era già principalmente formato, abbiamo assistito indirettamente e passivamente alla caduta del Muro di Berlino e al fallimento dell’URSS, abbiamo subito i danni di Chernobyl, abbiamo assistito alla caduta di Andreotti e alla nascita politica di Berlusconi, sorbendoci pure il suo decennale governo.

Abbiamo vissuto passivamente gli anni fino ad oggi, cittadini di serie B, anestetizzati e assuefatti dalla televisione, dai mass media sempre più ingombranti e avvolgenti, ci hanno sparato nel cervello programmi demenziali come “il grande fratello” o “la pupa e il secchione”, ci hanno distratto dalla vita reale e dalla realtà sociale e politica attraverso trasmissioni fuorvianti, abbagliandoci con i seni prosperosi delle veline, i muscoli luccicanti dei velini, la stupidità tragicomica delle vallette di imbarazzanti quizzettoni anticulturali. Quando andavamo a scuola, medie e superiori la mattina il discorso base dei più riguardava la televisione, non ho mai sentito parlare d’altro se non degli inciuci nella “casa” o di quanto è stato divertente e spiritoso questo o quel programma, mai una discussione sulla politica, il civile, i diritti propri o generali. Proprio quello che volevano i nostri sedicenti capi, anestetizzare il futuro per renderlo plasmabile e docile.

Siamo cresciuti con l’idea di essere nel belpaese degli arraffoni e degli arrivati dove tutto è permesso finche non si vive nella legalità, che tutto si può solo se si hanno le spalle coperte, che essere in prima fila nelle battaglie importanti della nazione è solo un modo per essere manganellati e che è necessario fermarsi alle piazze virtuali perché andare oltre è un’inutile spreco di tempo ed energie. Abbiamo sentito frasi come “voi giovani non sapete cosa vuol dire lottare” o come “la vostra generazione…” riempita dalle più variegate scuse.

In questi giorni però abbiamo mostrato che anche noi sappiamo fare la nostra parte. Attraverso i nuovi mezzi di comunicazione virtuale ci siamo informati, abbiamo discusso, abbiamo tenuto informata la gente, ci siamo preparati a fare quel salto che ci ha portato in mezzo alla storia.

Facebook traboccava di immagini profilo che inneggiavano il quadruplice SI al referendum, le borse di giovani e vecchi erano ricamate di spille anti nucleare e pro acqua pubblica. Ovunque sentivi parlare, nei gruppi di amici seduti al bar o all’angolo cosa era giusto fare, eravamo noi questa volta in prima fila a distribuire depliant informativi, a postare sui social network le regole del voto e le idee che accomunavano tanti giovani.

Le regole sono cambiate, non sono più solo i comizi cittadini, negli oratori, nei municipi o nei teatri a favorire la circolazione delle idee, sono i social network usati perlopiù da noi giovani.

Abbiamo dimostrato che noi di vent’anni non siamo più soltanto cittadini passivi di serie B, abbiamo dimostrato di essere vivi e partecipi nella storia, che abbiamo rotto le catene della paura e dell’apatia, riversandoci ai seggi e dicendo la nostra su quattro temi che plasmeranno il futuro del nostro paese, il nostro futuro e quello dei nostri fili e dei vostri nipoti!

Avere vent’anni oggi è il nostro motivo di orgoglio, abbiamo finalmente detto la nostra, abbiamo finalmente fatto capire ai più che l’eredità degli anni ‘60 è stata tramandata e che ora il testimone è stato passato nelle mani giuste.

 

Luca Ghilardi

 

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