Abbiamo vissuto passivamente gli anni fino ad oggi, cittadini di serie B, anestetizzati e assuefatti dalla televisione, dai mass media sempre più ingombranti e avvolgenti, ci hanno sparato nel cervello programmi demenziali come “il grande fratello” o “la pupa e il secchione”, ci hanno distratto dalla vita reale e dalla realtà sociale e politica attraverso trasmissioni fuorvianti, abbagliandoci con i seni prosperosi delle veline, i muscoli luccicanti dei velini, la stupidità tragicomica delle vallette di imbarazzanti quizzettoni anticulturali. Quando andavamo a scuola, medie e superiori la mattina il discorso base dei più riguardava la televisione, non ho mai sentito parlare d’altro se non degli inciuci nella “casa” o di quanto è stato divertente e spiritoso questo o quel programma, mai una discussione sulla politica, il civile, i diritti propri o generali. Proprio quello che volevano i nostri sedicenti capi, anestetizzare il futuro per renderlo plasmabile e docile.
Siamo cresciuti con l’idea di essere nel belpaese degli arraffoni e degli arrivati dove tutto è permesso finche non si vive nella legalità, che tutto si può solo se si hanno le spalle coperte, che essere in prima fila nelle battaglie importanti della nazione è solo un modo per essere manganellati e che è necessario fermarsi alle piazze virtuali perché andare oltre è un’inutile spreco di tempo ed energie. Abbiamo sentito frasi come “voi giovani non sapete cosa vuol dire lottare” o come “la vostra generazione…” riempita dalle più variegate scuse.
In questi giorni però abbiamo mostrato che anche noi sappiamo fare la nostra parte. Attraverso i nuovi mezzi di comunicazione virtuale ci siamo informati, abbiamo discusso, abbiamo tenuto informata la gente, ci siamo preparati a fare quel salto che ci ha portato in mezzo alla storia.
Facebook traboccava di immagini profilo che inneggiavano il quadruplice SI al referendum, le borse di giovani e vecchi erano ricamate di spille anti nucleare e pro acqua pubblica. Ovunque sentivi parlare, nei gruppi di amici seduti al bar o all’angolo cosa era giusto fare, eravamo noi questa volta in prima fila a distribuire depliant informativi, a postare sui social network le regole del voto e le idee che accomunavano tanti giovani.
Le regole sono cambiate, non sono più solo i comizi cittadini, negli oratori, nei municipi o nei teatri a favorire la circolazione delle idee, sono i social network usati perlopiù da noi giovani.
Abbiamo dimostrato che noi di vent’anni non siamo più soltanto cittadini passivi di serie B, abbiamo dimostrato di essere vivi e partecipi nella storia, che abbiamo rotto le catene della paura e dell’apatia, riversandoci ai seggi e dicendo la nostra su quattro temi che plasmeranno il futuro del nostro paese, il nostro futuro e quello dei nostri fili e dei vostri nipoti!
Avere vent’anni oggi è il nostro motivo di orgoglio, abbiamo finalmente detto la nostra, abbiamo finalmente fatto capire ai più che l’eredità degli anni ‘60 è stata tramandata e che ora il testimone è stato passato nelle mani giuste.
Luca Ghilardi