150 anni d’Italia. Sosta a Solferino, il 24 giugno 1859

150 anni d'Italia. Sosta a Solferino, il 24 giugno 1859Resoconto della presentazione del libro “Solferino. Storia di un campo di battaglia”, di Ulrich Ladurner, giornalista per il quotidiano tedesco “Die Zeit”, nell’ambito del festival “è Storia” 2011, a Gorizia: tema scelto per quest’anno dagli organizzatori del festival, “Guerre”. Attuale come tema e dai risvolti alquanto interessanti per l’Italia di oggi e per chi oggi in Italia vive.

Rinfreschiamo la memoria su cos’è stata Solferino, e per quali ragioni su di essa si scrivono libri e se ne parla. Solferino, in provincia di Mantova, fu teatro della battaglia che determinò, con la vittoria di S. Martino, l’esito della seconda guerra d’indipendenza: gli austriaci, già sconfitti a Palestro, Magenta e Melegnano, per procedere alla riconquista della Lombardia, si riorganizzano in quel di Verona. Sul loro cammino vengono alle armi con l’esercito franco – piemontese: tralasciando tutti i particolari, al termine dei combattimenti, gli austriaci furono costretti alla ritirata dall’alleanza tra l’esercito di Napoleone III e i piemontesi.

Spunti interessanti, l’incontro goriziano ne ha forniti parecchi. Vi renderò partecipi delle due cose che a me hanno stuzzicato la curiosità di saperne di più. Ad esempio, in tempi di aerei senza pilota, di bombe intelligenti programmate per colpire obiettivi sensibili, e di “effetti collaterali”, cioè la morte di gente che non c’entra per niente, desta incredulità il sapere che, nel bilancio totale delle 10000 vittime della battaglia di Solferino, i civili uccisi siano stati soltanto due. Sarebbe bello poter tornare indietro negli anni, fino a quei giorni, e scoprire cosa si faceva per proteggere la popolazione: sicuramente più di quanto non si faccia nel tempo in cui ci è concesso di vivere.

E diciamo pure che dei valori di cui furono portatori i soldati di Solferino, che per un ideale lottarono e per cui alcuni morirono, nelle coscienze dei giovani d’oggi non è rimasta traccia. “L’Italia ha perso la vivacità, la verve, l’attivismo che aveva nel Risorgimento, i valori che animavano la volontà di costruire qualcosa quando perdere la vita per la nazione propria era considerato un dovere ed un onore”. Perdere la vita per questa nazione, questa dell’anno 2011? Non ci penso proprio: e chi lo farebbe? “Cuore”, di de Amicis, è un’altra storia, un’altra epoca.

 

Mauro Balbo

 

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