Alessandro Magno: la vita, le imprese e ampia critica storica

Alessandro Magno la vita, le imprese e ampia critica storicaAl  giorno d’oggi, in cui la vita scorre frenetica e ognuno di noi è impegnato nei  propri pensieri quotidiani, col lavoro,  la famiglia o nello star dietro ad una politica forse troppo sfuggente e confusa per poter animare in senso positivo le folle, per poter trarre a sé l’attenzione di giovani ragazzi e smuovere ideali veri, bè rispolverare le gesta di un eroe del passato come Alessandro Magno può risultare utile per comprendere come a distanza  di tantissimi anni, il tempo cambi, gli obiettivi si trasformino e le persone diventino sempre più insignificanti se paragonate alla grande giostra della vita contemporanea, che non dà spazio ai singoli individui nel loro ardore giovanile ma che, spesso, li incorpora in sé e li rende parte integrante di un meccanismo a vortice in cui diventa sempre più difficile uscire, emergere, affermarsi e ottenere per sé un minimo di soddisfazione e,  di contro, suscitare negli altri un minimo di riconoscimento.
Cosa avrebbe fatto Alessandro Magno se avesse vissuto negli anni duemila? Per lui ci sarebbe stato spazio? La società così com’è strutturata gli avrebbe reso giustizia? Certo, su Alessandro Magno non si sprecano le critiche: per alcuni è considerato un folle conquistatore, avido di gloria e di potere, che un po’ come un abile giocatore di Reesiko, non perdeva tempo e incanalava tutte le sue energie nella conquista di nuovi territori, di mondi sconosciuti, senza badare a quella che oggi si chiama “ morale” , senza preoccuparsi se le sue mosse fossero giuste o sbagliate, e se i popoli che andava a sottomettere fossero più o meno contenti . Viene dipinto da alcuni, come un esagitato che agiva spinto da uno stato di eccessiva frenesia, come un ragazzo fortunato (perché nei fatti, si era trovato ad ereditare il regno Macedone lasciatogli da suo padre Filippo) ma che non aveva saputo riconoscere questa fortuna, mettendo a rischio tutto, il suo regno, la sua vita, il suo futuro, per inseguire obiettivi personali, più che di stato.
Per altri , invece, Alessandro Magno, Il “ Grande” – chiamato così non a caso-  è  giudicato un vero e proprio eroe: l’uomo che decide di cambiare il corso della storia, la persona che , totalmente da sola, piega il mondo intero ( il mondo fino ad allora conosciuto, sia chiaro) nelle proprie mani, colui che non si ferma davanti agli ostacoli ( che potevano essere, appunto, la non conoscenza geografica dei luoghi verso i quali si spingeva con il suo esercito). Ma è proprio questo voler andare oltre che ha consentito la scoperta di popoli e paesaggi che fino a quel momento restavano totalmente oscuri per l’immaginario collettivo della povera gente, ma anche per i geografi di professione o per i viaggiatori, che non osavano spingersi più in là della propria esperienza, perché temevano di trovarsi davanti a scenari catastrofici e avevano paura di non far più ritorno a casa. Queste paure per il giovane Alessandro non esistevano, era di più la curiosità, la fame di gloria, il desiderio di confrontarsi con i miti del passato (gli eroi greci ai quali amava paragonarsi per emularli e , sicuramente per ambire a superarli, a far meglio di loro). Se si dovesse analizzare la figura del grande eroe macedone in questi termini, sicuramente questo rappresenterebbe un esempio forte per i giovani di oggi, che spesso non hanno il coraggio di confrontarsi con i proprio limiti, o non ne hanno semplicemente la forza, perché non si sentono appoggiati e assistiti dalla famiglia o dalla società in cui vivono.  Sì, a loro si potrebbe dire , in scala sicuramente minore, perché non si parla ovviamente di conquista di mondi o di lotte contro uomini sconosciuti, ma sarebbe doveroso dir loro che, se la volontà comanda, non ci sono limiti che tengano, e che spesso i più grandi obiettivi e traguardi si raggiungono “lottando” e andando avanti da soli, esattamente come ha fatto Alessandro: la dimostrazione vivente più incredibile di come, a volte, gli eventi più grandi di portata storica, sono resi possibili dall’azione di una singola persona.
Di Alessandro non sono sfuggite, tuttavia, per i suoi critici più attenti, la propensione che aveva il ragazzo di macedonia, nei confronti della violenza, della brutalità e di quanto dolore sia stato lasciato e si sia perso nel tempo e nella storia, proprio in seguito alla mania di grandezza di un singolo – come del resto è sempre accaduto nel corso degli eventi, quando la violenza la fa da padrone.  Ma è altrettanto opportuno sottolineare che, il mondo in cui Alessandro era nato e cresciuto, era caratterizzato dalla violenza in ogni aspetto della vita quotidiana: non c’erano regole che disciplinassero le cose giuste e non, la cosiddetta “legge morale” , concetto troppo lontano dalla mentalità della gente di quegl’anni.  Si sa che la morale è un concetto improntato da una parte di grande religiosità, affermatasi dopo  il cristianesimo; mentre l’altro concetto  si rifà ad una corrente laica, più vicina al concetto di giusnaturalismo che preferiva basare la morale non sul giudizio di dio, ma bensì su una volontà intrinseca alla natura stessa dell’uomo. Qui ci inoltriamo già nel 18 esimo secolo con l’avvento dell’illuminismo e la nuova importanza attribuita alla ragione come motore di ogni cosa e come linfa che nutre anche e soprattutto la nuova legge morale.
Lo stesso Emmanuel Kant, attribuiva un’importanza talmente elevata  a questo concetto, che aveva deciso di far scrivere come epitaffio sulla sua tomba la seguente frase: “ il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me”.
Ecco come, attraverso questa piccola digressione, si può comprendere meglio la lontananza di ogni concetto morale dall’agire di Alessandro Magno e dei suoi contemporanei.

Ma quando e come visse il grande erede di Macedonia? Alessandro nasce nel luglio del 356 nel palazzo di Pella, figlio legittimo del re macedone Filippo II e di Olimpiade.
La macedonia non attraversava un bel periodo, quando sul trono governava Filippo,  visto che a grandi successi si alternavano grandi sconfitte, e la stessa dinastia degli Argeadi aveva dimostrato parecchi problemi a causa di conflitti interni. Al suo popolo non restavano che due sole alternative: dominare oppure essere dominati. Da parte del Re era, inoltre, altrettanto forte l’intenzione di modernizzare il suo Stato, e nell’ottica di questa volontà, inizia ad introdurre elementi tipici del mondo greco. Gli stessi macedoni  cominciano ad apprendere gli usi, i costumi, la lingua e l’educazione dei greci. Negli sforzi di Filippo c’era anche l’elemento “esercito” , che riesce a riorganizzare elevando di rango la fanteria, affiancandola alla cavalleria. L’ascesa dei fanti non era un fatto solo nominale, sia ben chiaro, ma anche sociale, se si tiene conto che il Re,  decide di elevare anche il livello di vita al  livello sociale.  Mossa intelligente, perché Filippo, così, poteva tenere a bada una massa numerosa di uomini e controllarla senza temere pericolose ritorsioni o proteste. Il potere di Filippo diventa , nei fatti, sempre più saldo.  Ma cosa sarebbe accaduto al momento della morte del sovrano? Tutti gli sforzi profusi nell’opera di rafforzamento del suo stato sarebbero andati perduti? Bisognava risolvere il prima possibile il problema della successione.
Filippo aveva due figli maschi: Alessandro e Arrideo. Quest’ultimo, tuttavia, a causa di menomazioni fisiche non irrilevanti, non era in grado di governare. Ecco che la palla sarebbe passata per forza al fratello Alessandro, e il padre sin da subito si preoccupa della sua educazione e lo prepara con minuziosa attenzione ad adempiere al suo futuro ruolo. Alessandro viene allenato fisicamente attraverso l’addestramento militare e  lo sport, ma anche dal punto di vista prettamente intellettuale non è di certo trascurata la sua educazione, affidandogli  a tal buon esito, la lettura di numerosi testi greci, in particolar modo gli scritti di Omero. Proprio attraverso la lettura omerica,  il giovane Alessandro  apprende gli stimoli dell’agonismo, del voler sempre misurarsi con se stesso e con gli altri e del risultare sempre e comunque il migliore in assoluto; ma allo stesso tempo, fa proprio anche i concetti dell’amicizia, della vendetta, della rivalità e  dell’odio – tutti sentimenti ben descritti nei passi del poeta  greco- . Lo stesso Alessandro a furia di leggere queste storie incredibili, questi miti eterni, inizia a considerare la sua stessa persona come discendente diretta di Eracle.
A partire dall’adolescenza, Alessandro, viene assistito nella sua istruzione da Aristotele, il grande filosofo dell’epoca:  Il meglio del meglio che poteva esserci. Un po’ come se al giorno d’oggi un ragazzino, volendo imparare a giocare a pallone, venisse seguito nelle scuole calcio da Lionel Messi. Paragone forse un po’ profano, ma che rende bene l’idea.
Grazie al Maestro Aristotele, il ragazzo cresce e si forma con una cultura solida e eterogenea. Per lui , di grande importanza resta soprattutto un’edizione dell’Iliade curata personalmente da Aristotele. Quella copia del libro lo accompagnerà per tutta la vita. Basti pensare che il glorioso figlio di Filippo di macedonia, prendeva spunto da quell’opera  come input per lottare sempre e difendere il valore militare, e che conserverà il prezioso testo,  un piccolo cofanetto sotto il suo cuscino accanto ad un pugnale, fino al giorno della sua morte. Chissà quanti dei nostri contemporanei magari al potere, possono vantarsi di avere come punto di riferimento manuali di così spessa e significativa cultura.
Continuando con l’influenza capillare di Aristotele nella vita del suo allievo, e ricollegandosi al discorso precedente sulle scoperte geografiche, c’è da dire che sotto il critico e preciso insegnamento del suo filosofo, Il giovane, impara molto anche di geografia. E così con le spalle ben coperte e con la giusta preparazione, Alessandro può iniziare la sua avventura di conquistatore del mondo che lo consegnerà dritto dritto alla storia.
Alla morte del padre, si comporta come un vero e proprio successore, facendolo seppellire con tutti gli onori del caso, e successivamente si prepara ad affrontare la sua prima campagna militare nei Balcani, per fronteggiare gli Illiri che stavano preparando un’incursione in territorio Macedone.
In quell’occasione Alessandro si spinge fino alle rive del fiume Danubio e lo attraversa. Poi si dirige a ovest per combattere gli illiri e li sconfigge.
Il giovane deve, però,  tornare subito in patria per sedare una rivolta nella città di Tebe, ribellatasi in seguito alla notizia- falsa- della morte del re macedone. Alessandro in quell’occasione dimostra subito la sua brutalità , di cui tanto si parlerà in seguito- perché, non si accontenta di placare gli animi uccidendo gran parte della popolazione ma, decide addirittura di vendere  i superstiti come schiavi, rade al suolo la città e smembra il suo territorio. Risparmia soltanto la casa di Pindaro, poeta che amava e stimava. Anche in quel caso, l’avere una cultura imponente, gli impedisce di farsi vincere dagli aspetti più irrazionali del suo carattere. La sua crudeltà  si arresta laddove prende piede la memoria e il ricordo dei grandi miti del passato che lui apprezzava e con i quali si confrontava.
Alessandro continua poi la sua avanzata verso est, procedendo verso l’Asia attraverso l’Ellesponto e in quell’occasione si rende protagonista di un atto simbolico importante: – tutta quella simbologia caratterizzerà anche le successive campagne- :  getta una lancia al suolo come per indicare che quel territorio da quel momento era suo e l’aveva ottenuto con la forza della conquista e quindi era un diritto che si arrogava e che rendeva valido semplicemente mettendo in pratica quel gesto. Un po’ come gli scalatori alla conquista delle grandi vette che piantano la bandierina del loro paese sulla cima della montagna, o come ha fatto lo scorso secolo L’America di Neil Armstrong  conquistando la luna. Il rivendicare qualcosa ottenuto con le proprie forze è un atto con radici molto lontane e anche qui Alessandro Magno fa scuola.
Presto e fatto, i macedoni alla guida del loro impavido re devono affrontare l’esercito persiano, non di certo preso alla sprovvista, perché intanto il loro re, Dario, si era organizzato mettendo su in fretta e furia un esercito ben equipaggiato. Nella battaglia che si svolge a Granico tra i due eserciti, risulta vincente lo schieramento di Alessandro,  che si dimostra anche un abile stratega. La vittoria è  interpretata subito come un’affermazione netta della superiorità ellenica e su questa scia viene proclamata la libertà e la democrazia per tutte le città greche dell’Asia minore, e così facendo molte città  passarono dalla parte di Alessandro. Con la conquista di alcuni importanti centri dell’Asia Minore, Alessandro si trova ben presto padrone di tutta l’area occidentale dell’Asia minore. L’esercito persiano non si arrende di primo impatto e anzi, prepara un esercito ancora più corposo rispetto a quello precedente ( l’esercito persiano superava di circa 2-3 volte l’esercito macedone) e i due schieramenti di nuovo attestati l’uno davanti all’altro, danno vita ad un’altra battaglia presso Isso. La vittoria è nuovamente nelle mani di Alessandro che riesce a ridimensionare notevolmente il mito che aleggiava intorno alla potenza e all’imbattibilità dei grandi eserciti della Persia. Alessandro si trova a trattare con il Re persiano ma anche in quell’occasione si capisce bene il carattere e lo spirito del nuovo eroe:  Dario in cambio della libertà della sua famiglia ( figlie e moglie rapite dagli uomini di Alessandro) propone di lasciare nelle mani del re macedone alcuni importanti territori dell’Asia minore.  Nonostante fosse conveniente per Alessandro intavolare la trattativa, quest’ultimo rinuncia. Il motivo era chiaro: lui si sentiva già il padrone dell’Asia minore, per cui Dario non era nella posizione di concedergli nulla e se non era disposto a riconoscerlo, Alessandro non avrebbe esitato a tornare in guerra, visto che il giovane, non era certamente il tipo che scendeva a compromessi , né tantomeno una personalità che poteva accontentarsi. Lui voleva tutto. Messaggio chiaro.
Così riuscì nel suo intento, almeno per quanto riguarda i territori dell’Asia minore e delle città sul mar Egeo. Ma restava scoperto l’ e su di esso Alessandro vuole metter mani al più presto.

Le motivazioni erano sicuramente svariate: innanzitutto il prestigio che ne sarebbe derivato: i greci ammiravano la culla di quell’antica e importante civiltà, ma alla base delle mire espansionistiche di Alessandro ci stavano motivazioni anche di carattere economico e strategico: dal punto di vista geografico L’Egitto era situato in uno snodo importante del traffico marittimo e commerciale, ed essere padroni di quell’area, che dava tra l’altro uno sbocco sul mediterraneo, avrebbe significato un gran potere. L’Egitto, ovviamente,  all’epoca era sotto il presidio dei persiani, che non avevano dimostrato molto rispetto per la religione e gli usi degli egiziani. Al contrario Alessandro, si dimostra altamente rispettoso, tributando, addirittura, un grande omaggio alle divinità egizie e compiendo numerosi sacrifici. E che risultato provoca tutto questo? I sacerdoti dei templi lo accolgono come il loro sovrano e Alessandro viene riconosciuto Faraone, secondo tutti i riti messi in pratica dal rito locale. Il piccolo ragazzo di macedonia viene considerato e venerato come un dio e decide di occuparsi dell’Egitto  come un regno vero e proprio e non come una semplice provincia del suo ormai vasto impero. Fonda poi Alessandria, che prende appunto il suo nome. La fondazione di Alessandria ha anche in questo contesto un carico fortemente simbolico: collegata sia con il mar mediterraneo, sia con il Nilo e rivolta sia verso l’Egitto ma anche verso il mondo intero. In fin dei conti, quale stereotipo del potere può ricevere così tanta forza con una semplice rappresentazione? Tutta l’esperienza egiziana si pone in contrasto con l’atteggiamento che il Re ha assunto nelle sue precedenti conquiste: lì si era dimostrato spietato, terribile, distruttore, rispettoso solo davanti ad un particolare che per molti può risultare insignificante( la casa di Pindaro); mentre  dal suo primo approdo nel territorio africano, già dimostra il più grande e incondizionato rispetto, forse dovuto al fatto che non era arrivato in Egitto per sedare rivolte particolari, ma approdava nella regione come un autentico invasore e soprattutto dimostrando che egli rispettava le tradizioni fino a che il suo potere veniva riconosciuto, condizione imprescindibile- . Ma i suoi modi di fare sono eloquenti e dimostrano che spesso anche un episodio oggettivamente deplorevole, come la sottomissione di un territorio, se fatto con rispetto e senza distruzioni di città e popolazioni, può dare molto di più di quello che si pensa di ottenere mettendo in campo la violenza e la mancanza di rispetto per le vite umane o per le differenze religiose e di costume della popolazione del posto. Tutto questo rappresenta una sorta di manuale della tattica strategica che forse avrebbero dovuto leggere i Nazisti ai tempi della seconda guerra mondiale.
L’Egitto diventa per Alessandro un vero e proprio trampolino di lancio per le future conquiste sull’intero mondo. Da lì un susseguirsi di espansioni, ingrandimenti territoriali e vittorie. In ordine prende possesso del regno dei persiani, di Babilonia, di Susa,  Persepoli , Ecbatana, capitale del Regno dei Medi,  le province asiatiche della Sogdiana e della Battriana, e poi col suo esercito arriva fino alle porte dell’ India, considerata all’epoca la regione ad ovest del fiume Indo. Di quella regione si sapeva molto poco, per i greci era considerata la classica estremità del mondo abitato, al di là della quale arrivava solo la più fervida immaginazione. Alessandra riesce però nel suo intento:  attraversa con l’esercito il fiume Indo e si scontra con il re Poro nell’ultima grande battaglia che il re macedone consegnerà ai posteri.  Alessandro ne esce per l’ennesima volta vittorioso, fonda la città di Nicea. A quel punto la sua volontà l’avrebbe spinto a continuare a dirigersi oltre i confini del mondo. L’obiettivo faceva troppa gola. Lui avrebbe certamente continuato ad avanzare se non che, proprio in quell’occasione , il suo esercito lo abbandona. Per la prima volta le sue truppe si rifiutano di eseguire gli ordini e quindi di continuare l’avanzata. D’altronde gli uomini di Alessandro erano stati sempre obbedienti e incondizionatamente fino a quel momento, ma ora erano giunti stremati, senza forse, energie e risorse: proseguire alla cieca avrebbe significato certamente la morte.
In seguito a ad alcune notte insonni, alla fine Alessandro deve cedere agli eventi ed è costretto a preparare il ritorno in patria, ma non prima d’essersi spinto almeno al limite ultimo di quello che aveva davanti a sé: l’oceano.  Lì vi arriva e compie l’ultimo dei suoi atti simbolici, sacrificando alcuni oggetti personali al dio Poseidone. Non restava altro, per lui e per i suoi compagni d’avventura, che far ritorno a casa.
La campagna militare per il glorioso Re era termina: tradito dai suoi soldati, si trova costretto a rinunciare al suo sogno di conquista, ma nonostante tutto, grazie alla sua sete di gloria, era riuscito a mettere piede in luoghi dove nessuno aveva mai osato arrivare. Aveva combattuto popoli sconosciuti e visitato zone mai viste. La storia scriverà per lui voluminosi capitoli.
Cosa resta a noi? Lo studio approfondito di questo personaggio e l’insegnamento giusto da trarre.  Ogni epoca ha i suoi grandi uomini e i suoi limiti invalicabili. L’umanità ha messo secoli per cambiare e raggiungere i più grandi traguardi, ma ce l’ha sempre fatta grazie al coraggio e al sacrificio di pochi. Diventare pigri e guardare la vita passivamente non porterà mai a nessun risultato. Serve una forte scossa che possa colpire tutti… Un po’ come ha fatto secoli fa Il grande Alessandro Magno.

 

Lampugnani Federica

 

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