Capitolo primo: Amare riflessioni (Romanzo: La strada più breve – di Ester Eroli)

Capitolo primo Amare riflessioni (Romanzo La strada più breve – di Ester Eroli)Se mi guardo allo specchio spesso stento a riconoscermi, tanto sono cambiato. Non si tratta solo di una alterazione dei tratti somatici dovuta all’effetto, purtroppo scontato, del processo di invecchiamento, ma di qualcosa di intimo che trapela e imprime i suoi segni sul volto. Lo sguardo stanco e assorto, la pelle tesa, le occhiaie profonde, sono tutti elementi all’apparenza insignificanti, ma nel mio caso denotano un profondo sconvolgimento interiore. Sono un uomo ormai giunto alle soglie della maturità piena che fa un bilancio dettagliato della sua esistenza e ne trae le dovute conclusioni. Sono come quelle anime tormentate che si recano al cinema per distrarsi ma che, talmente assorte nel proprio rovello, comprendono pienamente il messaggio racchiuso nella pellicola solo molto tempo dopo. Solo dopo molti anni ho compreso i messaggi del destino e ne ho per così dire capito la consistenza. Nella mia vita ci sono stati molti punti fermi è vero ma anche molti segnali, spie, messaggi che avrei dovuto captare subito e che solo ora, con il senno di poi, mi sono chiari e distinti. Come mai un uomo maturo si sente finito e pronto solo a giudicare negativamente le proprie azioni? Probabilmente perché ha vissuto tutte le esperienze possibili troppo intensamente bruciando tappe, rincorrendo chimere, distruggendo sogni e speranze. Quando si cresce troppo in fretta si invecchia anche prematuramente. Davanti agli occhi ho sempre quei giovani drogati con i capelli striati di bianco e il volto scavato, scarno come quello di un vecchio. Ci sono droghe che invecchiano ma prima di invecchiare il corpo, fiaccano lo spirito, distruggono l’anima, l’innocenza. La perdita dell’innocenza mi ha sconvolto, mi ha tolto il respiro, ha fatto di me un uomo corrotto. Il mio passato è segnato da eventi in cui non mi sono distinto per correttezza. Tuttavia, per nostra fortuna, accade sempre qualcosa di straordinario che ci illumina la mente, ci fa riflettere, ci aiuta a comprendere, ci fa ravvedere. Quello che accade di solito è un evento esplosivo che ha la forza dirompente di una bomba che apre un cratere nel cuore della terra e squarcia l’aria all’improvviso. Solo questi eventi particolari hanno il potere di riportaci sulla retta via producendo nell’animo, contemporaneamente, una lacerazione profonda, una ferita che non si rimargina, un dolore acuto e pungente, un rimorso che corrode la coscienza inqueta. Ci sono sentimenti che non ho mai provato in passato, che ho sempre bandito, arginato, deviato, soffocato e che adesso mi divampano dentro, mi dominano, mi trasformano, prescindono da me. Sono sentimenti come il rimorso, l’amore, la paura, la pietà. Sono sempre stato sicuro di me, spavaldo, superbo, deciso, lucido, mi sono sempre imposto sugli altri grazie al mio fascino e alla mia spiccata personalità. Dopo questo evento sconvolgente l’impero, la torre d’avorio che mi ero costruito abilmente sono crollati lasciando spazio solo al vuoto e alle macerie. Ho scoperto a mie spese che quel vuoto può essere colmato da una nuova luce, quella della speranza e del perdono. Ognuno costruisce giorno per giorno il proprio destino ma nel momento in cui si smarrisce nel mare del male, perde questo potere quasi divino e finisce per essere lui stesso vittima del destino, che diventa così crudele e beffardo. Il destino spesso si prende gioco di noi, ci rende fragili come foglie al vento, ci consuma come candele, ci raggira, ci impedisce di agire, ci rende deboli. Preda come siamo del male, che abbiamo accettato di assecondare, non possiamo ribellarci al destino. Dovrebbe essere chiaro in altre parole che chi fa il male, chiude le speranze agli altri, non può sperare nulla di buono per sé. Il male resta male anche se è solo pensato figuriamoci quando diventa il padrone assoluto della nostra esistenza. Per una sorta di legge di natura dovremo aspettarci uno sgambetto del destino quando ci comportiamo in modo sbagliato. Ma non sempre all’apparenza funziona così. Molto spesso vediamo persone meschine ottenere tutto e subito e ci sembra un’ingiustizia. Molti sono quelli che uccidono, rubano e non subiscono nessuna punizione né umana né divina. In realtà dovremo vedere come tutto si dispiega nel tempo, i risultati si vedono solo dopo molti anni, non subito. L’unico modo per uscire fuori dal vicolo cieco del male, dal buco nero del peccato è il riscatto, il sacrificio di sé, la redenzione, la purificazione dell’anima, il perdono, la pazienza, il rispetto. Questa soluzione, come un’ancora di salvezza, non piove dal cielo, soprattutto non è indolore ed ha, il più delle volte, un altissimo prezzo. Tuttavia non basta nemmeno pagare lo scotto, sarebbe troppo facile, bisogna mutare abitudini, animo e cuore, essere disposti all’amore puro, cambiare nell’io profondo. Non serve saldare il conto per ritornare innocenti, occorre essere convinti di aver sbagliato e decisi ad abbandonare la via del male fino allora percorsa. Queste riflessioni posso dire di averle fatte con il senno di poi e di aver imparato tutto sulla mia pelle. Per essere uomini saggi non serve studiare diritto, filosofia, e altre diavolerie del genere. Nessuna materia di studio può spiegare chiaramente il mistero dell’esistenza, le sue leggi, il suo meccanismo, il perché della nasciate e della morte. Posso dire di aver acquisito una certa saggezza e di essere riuscito a comprendere i segni dei tempi senza l’ausilio di particolari libri di testo o di teorie speciali, ma solo facendo affidamento sull’intuito. Ho scoperto di avere una sorta di sesto senso, una sensibilità al quadrato che mi consente di inquadrare subito fatti e situazioni. Non si finisce mai di conoscersi. Noi umani pretendiamo di conoscere gli altri, presuntuosamente giudichiamo le altre persone ma non siamo in grado di scavare onestamente dentro di noi. Sovente mascheriamo, veliamo, seppelliamo la nostra verità, quella che solo noi sappiamo, dentro di noi e che preferiamo celare per dare un’immagine di noi impeccabile e pulita. Ognuno ha una sua verità, un suo mondo, un suo modo di vedere le cose, i suoi segreti, i suoi sogni, le sue vergogne. Tuttavia nella realtà esiste sempre la verità assoluta, solo che non sempre viene svelata. Se un evento si è svolto in un certo modo non può avere avuto un esito completamente diverso. Solo che ogni spettatore racconta l’episodio a modo suo. Così le verità si intrecciano in un intricato groviglio. Mi è spesso successo di trovarmi di fronte a due versioni opposte fra loro di uno stesso evento e mi sono sempre domandato da quale parte stesse la verità e se ne esisteva una. Certamente confesso che non è facile essere sinceri, specialmente quando si tratta di mettersi a nudo, mostrare le proprie magagne alla luce del sole. Così ogni giorno gli uomini meschinamente ingannano gli altri, mentono anche a se stessi e cercano di interpretare le cose come meglio conviene a loro. Dopo anni di falsità, di doppi giochi, di menzogne ho deciso di uscire allo scoperto, di vuotare il sacco, di dire quello che non ho mai confessato neppure a me stesso. Per liberarmi dal peso che grava sulla mia coscienza ho trovato il coraggio di scrivere. La scrittura rappresenta per me un atto liberatorio, un rito quasi magico di espiazione, uno sfogo naturale e sano. Ognuno di noi dovrebbe avere un diario, un libro di memorie dove registrare il presente, il passato, fare supposizioni sul futuro, notare l’evoluzione della propria personalità. Noi mutiamo continuamente non solo fisicamente. Sono le stesse esperienze a influire su di noi, a condizionare le nostre scelte, i nostri pensieri. Negli ultimi tempi ho scoperto di avere un notevole self control, una capacità, prima ignota, di dominare le situazioni. E’ stato questo sangue freddo a indurmi a una sorta di proficua autoanalisi. Messo da parte l’orgoglio e la presunzione mi sono ritrovato senza veli e mi sono spaventato. Plasmato dagli eventi mi sono ritrovato fragile come una foglia al vento e soprattutto vuoto. Nel mio passato ci sono molte ombre che preferirei cancellare con un colpo di spugna se ciò fosse possibile. Se potessi veramente tornare indietro agirei con più senno e ponderatezza. Così farebbe forse anche mio padre, artefice di questa catena di odi, ma non solo lui. Nella mia famiglia ognuno ha le sue colpe e si può ritenere responsabile del fallimento. Quando un nucleo familiare si sgretola lasciando i suoi membri alla deriva la causa non è una soltanto, ma molte e di vario genere. Tutti i componenti contribuiscono alla rovina, nessuno escluso. Quello che conta è la buona fede, quella che mancava a mio padre, che è mancata a me. Ripenso ai versi imparati al liceo, sui libri di scuola: noi siamo i figli dei padri ammalati. Io sono solo l’ultimo anello di una catena, quello che ha sbagliato ed ha pagato, forse più di tutti.

 

Ester Eroli

 

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