Domingo de Guzmàn

Nacque a Caleruga in Spagna da famiglia nobile ed agiata nel 1170. In pieno monachesimo, quindi, il periodo storico  che vide la massima fioritura di grandi santi predicatori come Francesco d’Assisi, Alberto Magno e Antonio da Padova, che furono suoi coevi. Eppure fu proprio lui a fondare l’ordine monastico dedicato ai predicatori che, infatti, porta il suo nome:  l’ordine di San Domingo, altrimenti conosciuto con l’acronimo di O.P. Ordo Predicatorum.

Già da sacerdote, Domingo, si distinse oltre che per la  grande cultura maturata negli studi universitari di filosofia e teologia, soprattutto per l’ umiltà ed abnegazione verso il prossimo, tanto che il suo vescovo Diego de Acevedo, lo volle con sé in un largo giro in Europa, poiché gli serviva un abile e preparato oratore capace di dibattere e controbattere i sostenitori, sparsi per tutta Europa, delle diffuse eresie denominate Catara e  Albigese. Il successo di quella missione, costellato da numerose clamorose conversioni, destò l’attenzione del Papa che lo convocò a Roma. Nella città eterna comprese appieno i contenuti della sua vocazione e missione pastorale così, congiuntamente al suo vescovo, fondò nel 1215 un ordine religioso specializzato nella predicazione e nella redazione di omelie, il su citato Domenicano.

I canoni dell’ordine furono subito chiari: ispirazione alla prima comunità di Gerusalemme, vita in fratellanza, rivolta alla lode di Dio e soprattutto al continuo studio e perfezionamento dell’arte del predicare: l’ars omiletica.  Ma a suguito di un suo incontro a Roma con Francesco d’Assisi, fu talmente colpito dalla santità e dalla rinuncia totale di quel frate che aggiunse al carattere apostolico e contemplativo del proprio ordine anche la rinuncia, la povertà e la mendicanza.

A Roma iniziò la sua opera missionaria fondando i monastedi di San Sisto nel 1117 e successivamente nel 1200 della famosa Santa Sabina, nel cui chiostro è ancora presente una pianta di arancio dolce, che lui stesso portò dalla sua Spagna e, ancor oggi, la sua perpetuazione costituisce il celebre aranceto della loggia Aventiniana.

 

 

 

 

 

 

Santa Sabina

 

 

 

 

 

 

 

 

Continuò la sua opera di docente di teologia e predicazione in Vaticano, dove , secondo la tradizione miracolistica, fu creatore e latore del rosario, lo strumento di preghiera che ricevette in dono dalle mani stesse della Vergine Maria a seguito di una clamorosa apparizione.

Bisogna altresì sottolineare che fu vittima anche di un falso storico ignobile e calunnioso che per secoli ha macchiato la sua santità. Il frate spagnolo Tomàs de Torquemada, il domenicano che fu a capo della famigerata e implacabile Santa Inquisizione, commissionò un quadro che lo effigiava  nell’atto di presiedere quei tribunali, allo scopo di rendendolo come significativo emblema di prestigio e santità per giustificare ogni sopruso e scempio effettuato dai suo collegi giudicanti. E’ assolutamente opportuno sottolineare che S. Domenico morì a Bologna nel 1221, e pertanto ben 12 anni prima che papa Gregorio IX° nominasse alcuni frati domenicani a presiedere quei terribili tribunali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tomàs de Torquemada

Detta triste leggenda, detta leggenda nera, è tanto più dolorosa e offensiva se si considera che è stata creata ad arte proprio da un conterraneo confratello e che altri successivi predicatori in buona fede furono convinti ad essere forgiati crudeli e spietati per combattere le eresie  (soprattutto nella madre Spagna) nel sacro nome dell’incolpevole e calunniato San Domingo de Guzmàn.

 

Adriano Zara

 

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