Ferriera di Trieste

La Ferriera di Trieste, sorta nel rione Servola della città,  è un complesso industriale esteso specializzato nella produzione di ghisa, soprattutto in pani,  unico impianto nel nostro paese nel settore siderurgico, che possiede più di 400 dipendenti . Esso risale all’800 quando fu costruito per rifornire gli impianti austriaci. Esso è caratterizzato dalla presenza di altiforni, di impianto di collaggio e di tutto il ciclo produttivo. Per l’inquinamento ambientale che produce è considerato a tutti gli effetti l’Ilva del nord anche se l’azienda si difende e sostiene la perfetta regolarità ambientale e il fatto che tutto sia sotto controllo data la regolare manutenzione .

Il sollevamento delle polveri avverrebbe dai parchi minerari fossili e sarebbe notevole nei giorni di vento. Si parla di sforamento.  I sindacati più volte hanno segnalato la presenza in zona di morti sospette fra i cittadini e i dipendenti, morti di cancro e l’inquinamento dei parchi e del verde pubblico. L’azienda è stata diffidata ma con scarsi risultati. I dati sarebbero allarmanti. Una nube nera si solleverebbe in occasione di vento forte, insieme a odori sgradevoli, rumori, presenza di catrame, fumate rossastre, boati, rifiuti, scarichi  .

Da alcune ispezioni emergerebbe il rischio ambientale, oltre i danni alla salute pubblica. Molti sono stati i dibattiti, i tavoli di confronto, le petizioni, i comitati dei cittadini, gli interventi della regione, del sindaco. Da alcune indagini sanitarie si scopre che le polveri sono raddoppiate in dieci anni, nonostante i depuratori. I prelievi del suolo effettuati non lasciano speranze. I piani anti emissione  e i controlli appaiono insufficienti. La riqualificazione dovrebbe essere radicale. Di mezzo c’è sempre il ricatto occupazionale e lo spettro della crisi economica . i giardini non possono essere frequentati e le aiuole sono state chiuse con grave danno per gli affari dei negozi della zona . I controlli hanno dimostrato che il suolo è inquinato, lontano dai limiti di legge. Ben 7 giardini sono considerati avvelenati. Sono stati stanziati fondi per i giardini. L’azienda sostiene che la qualità dell’aria è migliorata.

Sono stati fatti interventi come il piano acustico ma con pochi risultati. Sono state installate nuove centraline  e nasi elettronici. La rabbia degli ambientalisti e dei cittadini, sottoposti a test, è esplosa con 4700 segnalazioni, con manifestazioni, con sollecitazioni in parlamento e al ministero dell’ambiente, con comitati. Ci sono state le contromosse dell’azienda in un continuo braccio di ferro.

Le ricette ambientaliste sono state molte contro il degrado: risanamento dei depuratori, spezzatino dell’azienda, riqualificazione ambientale, spostamento dell’industria in periferia, bonifica con procedure europee, abbassamento della produzione, copertura della zona delle polveri, lavori di rifacimento dell’impianto, aiuole con erba spugna.

Ormai il tempo sembra scaduto. I valori non sono diminuiti e la gente e i giovani muoiono di tumore.

L’unica soluzione è un patto serio tra industria  e politica.

 

Ester Eroli

 

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