Guerre insensate

Guerre insensateIn un uno degli ultimi libri dello scrittore britannico Greene, ispirato alle sue stesse esperienze, viene descritta la guerra in Indocina, preludio delle ben più robusta guerra del Vietnam. L’azione si svolge a Saigon e la racconta, come osservatore, un cinico cronista inglese, corrispondente in Vietnam, che narra la storia dell’arrivo in quei luoghi di un ingenuo idealista agente della Cia, laureato a Harward, imbevuto di dottrine e pronto a difendere solo gli interessi americani, gli interessi della propria terra, giunto lì nella speranza di divenire un eroe . Attraverso il romanzo ci rediamo conto che le guerre sono solo storie che si ripetono all’infinito, che hanno le stesse caratteristiche in ogni latitudine della terra. Si uccidono corpi pensando di non intaccare l’anima, che anzi si tenta di salvare. Nelle guerre non si hanno sensi di colpa, la morte è sempre lontana, riguarda gli altri. La guerra vista da lontano appare ordinata e pulita. Tanto a morire sono sempre i poveri civili, spesso ammassati uno sull’altro, allo sbando, senza protezione. La guerra offre sempre lo stesso scenario, lo stesso spettacolo: i report inviati in guerra pensano a fare il colpo giornalistico superando i colleghi, vantandosi delle proprie capacità, evitando di raccontare episodi troppo scomodi, gli ufficiali mostrano un fanatismo esasperante in virtù della loro posizione di vantaggio, i generali, come al tempo del nazismo, rispettabili, presuntuosi viaggiano su auto di lusso, partecipano a cerimonie pubbliche in pompa magna, si divertono in sale gioco e piste da ballo, nei bar frequentano belle concubine aumentando la prostituzione, danno ordini con fermezza, uomini d’affari senza scrupoli conducono i loro traffici con ingordigia, seguendo tutte le formalità, distogliendo lo sguardo dalla guerra, i soldati mostrano tra loro solidarietà, bevono brandy, nell’attesa esaltante di una medaglia al valore, nella solitudine pensano solo ai propri interessi, si dividono le donne che si vendono come oggetti, in attesa di un attacco fortunato o di una vendetta che sanno bene che prescinde dal loro volere, ubbidiscono ai superiori, i colonnelli si sentono investiti da una missione per diritto divino e quindi sono sprezzanti, privi di pietà pronti a difendere l’onore del proprio paese nel rispetto delle regole, hanno pretese notevoli, di fronte alle morti del campo nemico si compiacciono pur sentendosi sempre soli nelle loro rischiose operazioni, i corpi diplomatici svolgono il loro lavoro d’ufficio senza ansietà come niente fosse, mentendo a se stessi, come se fuori non ci fosse la guerra, partecipano a apertivi, incontri, feste e spettacoli, rilasciano interviste nel rispetto delle gerarchie, gli alti funzionari viaggiano con le auto in corteo, chiusi nelle loro gabbie, nel tempo libero frequentano librerie, cinema, teatri, gli esperti svolgono addestramenti con la speranza di prendere e occupare qualche territorio, si credono invincibili, i capi militari accettano di ricevere amici e parenti in forma riservata, mostrano un compiacimento esasperato per le vittorie, un orgoglio smisurato per le loro assurde imprese, sembrano vantarsi per la propria indifferenza e estremo egoismo, ostentano superiorità che genera menzogne, i ricchi continuano la loro vita indaffarata con le case ben arredate di oggetti di lusso, provviste di aria condizionata, ad andare nei ristoranti, a giocare ai dadi per ammazzare il tempo , guardando con commiserazione i poveri, con l’orgoglio di essere felici, senza sentire il bisogno nemmeno di schierarsi nella guerra, i politici pensano brutalmente a prendere il potere cancellando in fretta e furia il sangue versato nelle strade dalla guerra e dagli attentati, e continuano a frequentare hotel caffè con la compostezza della gente perbene. Solo la gente semplice, innocente combatte finchè il potere vuole con la maschera sul volto, tra il fuoco e le pallottole. Lo scrittore nel libro dice però che gli innocenti sono folli, sono folli perché non sono cinici, perché hanno un cuore che perde colpi, perché credono nel miracolo, magari della fine della guerra, perché non cambiano mai idea, perché sono felici anche nella disperazione, perché non si lasciano condizionare da nessuno, perché non mirano a possedere niente, tantomeno gli altri. Per fortuna la felicità non dura nemmeno per i capi. Poi la condanna più grande viene sempre dal tribunale interiore della coscienza di ognuno che con il tempo farà sentire la sua voce.

 

Ester Eroli

 

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