Il mio ballo dei maturandi

Il mio ballo dei maturandiIeri ho letto sul giornale della nostra città (ce n’è uno per la provincia e basta) che l’annuale festa dei maturandi del mio ex liceo verrà fatta aderendo ad un’iniziativa che propone di abolire, o quantomeno limitare l’alcol tra i giovani. E se la notizia è finita sul giornale, che è l’unico ribadisco, significa che ha un certo peso. Anche se mi vien la pelle d’oca a dirlo, io mi sono diplomata quasi dieci anni fa. E, ovviamente, il ballo dei maturandi era una tradizione già allora, che ai miei occhi di teen ager sognante era il top. Al nostro liceo classico si viveva di tradizioni, basti pensare che la maggior parte dei nostri prof aveva fatto proprio quella scuola e pretendevano che le cose andassero come ai loro tempi. Se ricordo gli assurdi divieti sul vestire mi vien mal di pancia. Comunque, il ballo era la parte più bella. Una villa veneta di tutto rispetto, decorazioni, fiori, gruppo che suona e tutti eleganti. Sin dalla terza superiore che, ovviamente da noi cambia nome perché al classico si chiama prima liceo (con conseguenti prese per il culo di compagni di altri istituti), ho sognato il mio. Quando quelli della mia compagnia hanno fatto il loro ho fatto riti vudu per due settimane nella speranza che qualcuno mi domandasse di accompagnarlo. Ma niente, hanno preferito ‘piastra’, una spacca palle sempre in mezzo peggio del prezzemolo. Finché non arriva il mio turno. Detto fatto mi metto in mezzo per organizzare e, come solo io stupida so fare, mi caccio subito in un bel vortice. Un guaio dopo l’altro, con le simil terze prove, la tesina e le versioni da preparare per la tanto temuta maturità. Che poi mi avevano promesso un bonus di qualche punto per questo ma non ho visto niente (grazie prof Casara). Ma io lo facevo per lui (ciao Uberto). Oh non c’è stato niente che è andato dritto. Dalla villa, ai fiori, alla musica, alla torta. Solo per trovare il vestito ci ho messo settimane. Mettiamo in conto, poi, che ero abbastanza rotondetta allora, alta si, ma non proprio un fuscello. Ho studiato e basta quell’anno, la forma fisica non era la mia priorità. E, visto che era praticamente d’obbligo essere accompagnati, il primo invito uscito dalla tipografia fu per lui. Avevo pensato alla scena in tutti i particolari. E quando rivedo la sera del ballo di ‘mai stata baciata’ piango ancora. A me è successo quasi uguale. Insomma, dicevo, dopo aver finito di organizzare tutto con delle compagne bravissime, superate tutte le difficoltà, arriva il momento del ballo. Io tutta tirata, più di quanto fosse possibile. Dovevo essere li prestissimo, per l’agitazione non ho dormito la notte prima. Inizia ad arrivare la gente, la mia amica e tutti i compagni. Lui doveva arrivare da Milano dopo la lezione del pomeriggio. Mi manda anche un messaggio, lo stronzo che stava tornando. Si preparava e arrivava, forse tardava un po’ perché il treno aveva un ritardo. Non c’è problema, penso. Avevo così tante cose da sistemare, la torta, i fiori, il gruppo da istruire che inizialmente non mi sono accorta di niente. Poi, panico. Dopo due ore non era ancora li. E iniziano i messaggi compulsavi ai quali ha pure risposto. Alle dici era tutto buio e il vialetto con le fiaccole che avevo preparato non l’aveva visto passare. Erano arrivati tutti, i cancelli erano chiusi. Lui ha ancora il coraggio di mandarmi sms. Dopo quella delusione non gli ho praticamente più parlato. Che bidone. Se ci penso e lo vedessi adesso credo che mi arrabbierei ancora. E ci penso dopo tutti questi anni. Esistono ancora ragazzi così?

 

Giulia Castellani

 

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