Il senso del possesso

Il senso del possessoLa società consumistica ogni giorno ci spinge a fare acquisti. Ai bisogni primari si sono aggiunti falsi bisogni. Beni di lusso vengono acquistati e considerati alla pari con i generi di prima necessità. Si cerca di soddisfare tutti i desideri del cliente e le imprese producono oggetti per lo più superflui. Le spese di una famiglia sono sempre più legate al mercato del lusso. Non conta l’essere, ma l’apparire. Per farsi accettare in certi ambienti è necessario possedere determinati oggetti alla moda. Si comprano telefonini di ultima generazione, pc sofisticati, antenne paraboliche, abiti ricercati, scarpe di fattura artigianale costosissime, elettrodomestici di marca, profumi che costano uno stipendio. Non si accettano oggetti ben lavorati ma non firmati. Soprattutto i giovani vengono presi da questa smania del possesso. Se non si possiede l’ultimo cd uscito sul mercato si è tagliati fuori, si è esseri inferiori, degni di compatimento. Si può uscire solo con persone ben accessoriate, con auto alla moda e vestiti perfetti. Il senso del possesso entra nel sangue, si impadronisce del cervello, devasta l’anima. Si vuole possedere tutto, si riempie casa di oggetti oziosi, si va alla ricerca di cose sempre nuove e originali. Spesso il senso del possesso prende il sopravento e allora si vuole possedere l’impossibile, l’irraggiungibile, come ad esempio la fidanzata dell’amico. Alcuni giovani considerano la propria fidanzata un loro possesso, un oggetto che fa parte integrante del loro ambiente. Nel momento in cui perdono il controllo della propria relazione e la giovane li abbandona, si scatena il risentimento. Non vedono l’altro come una persona con sentimenti, pensieri ma come una componente essenziale del loro mondo e se questa viene a mancare, non ci sono soluzioni. Si arriva così ad uccidere la ex fidanzata sotto casa perché è crollato un elemento in loro possesso. Hanno perso un tassello del loro mosaico che non può essere colmato in nessun modo. La fidanzata è insostituibile a differenza di una moto che può essere ricomprata. E’ una sorta di orgoglio ferito. Il senso di perdita del possesso è devastante, crea un buco nel cuore, un vuoto spaventoso, un dolore fisico, brucia l’anima, arma la mano. Solo riconquistando l’oggetto si può raggiungere la pace, l’appagamento. Un boccetta di profumo prezioso si può riacquistare, se ne possono comprare centomila, ma una relazione stabile è difficile da ricostruire. Il cervello malato di possesso, sragiona, non trova sbocchi, appigli, soluzioni, sa solo che ciò che era suo, solo suo ora potrebbe essere di qualcun altro. Non si possono lasciare le proprie cose in balia del prossimo, bisogna bloccare questo processo. Allora conviene sopprimere l’oggetto che si è sottratto al possesso, che a un certo punto si è rifiutato di essere posseduto. E’ un affronto che non può essere perdonato in nessun modo. Quello che si sottrae volutamente al possesso deve essere punito, soppresso, eliminato, anche se si tratta di una persona. La società spesso confonde oggetti con persone, ma la smania di possedere non si ferma davanti a nulla.

 

Ester Eroli

 

Una risposta a “Il senso del possesso”

  1. Oggetti come persone, persone come oggetti, elementi legati tra loro da un continuo avvicendarsi di ruolo, da un doppio legame che li fa essere talvolta l’uno e talvolta l’altro su una scacchiera di momenti e situazioni spesso ripetitive, ossessive, preordinate.
    Penso a chi guida la macchina, la moto, lo scooter come un automa, un essere non pensante in tutto simile a un oggetto, ignorando le regole della civile convivenza (leggi Codice della Strada) e che considera chi gli sta davanti un odioso ostacolo da superare, un automobilista da minacciare, un idiota da insultare per l’unica ragione che va più piano di lui. Poco importa se chi lo precede magari è una mamma che porta a scuola due bimbi, o un anziano che va in ospedale, o più semplicemente è qualcuno che usa la macchina per muoversi e non per spadroneggiare.
    Anche questi sono assassini quando uccidono sulle strisce pedonali una persona, quando tolgono la vita a un ragazzo di quindici anni (per la cronaca la scorsa estate a pochi chilometri da casa mia uno che correva troppo ha travolto e ucciso un ciclista di quindici anni, appunto) quando strappano la vita a qualcuno che ama ed è amato, gettando nella disperazione decine di persone.
    Costoro non agiscono in preda ad un amore malato di possesso, agiscono freddamente e senza cuore unicamente in preda ad uno squallidissimo delirio di onnipotenza, veri e propri dittatori della strada che si comportano da carnefici. E ciò che rende ancor più grave tutto questo è il fatto indiscutibile che a comportarsi così sono persone ben inserite, avvocati magari, imprenditori, studenti universitari, giornalisti, impiegati, padri e madri di famiglia, preti. Tutti quanti accomunati dal folle desiderio di sopraffare l’altro, anche fisicamente se necessario, pur d’alimentare il delirio di arrivare prima, sempre prima, sempre prima degli altri.
    C’è poi una sproporzione inaudita nella sanzione che li colpisce quando uccidono, e ciò uccide la vittima per la seconda volta. Nessuna vera giustizia, nessuna pena sofferta, solo un processo per omicidio colposo e se proprio va male qualche mese di condanna subito sospesa dalla condizionale.
    E’ per questo che io ho firmato la proposta di legge per l’istituzione del delitto di omicidio stradale nel codice penale, sperando che sia di monito a tutti questi decerebrati e renda finalmente giustizia a chi perde la vita per colpa di un dittatore piccolo piccolo, inutile e dannoso per la società, velenoso per l’intera umanità. Un oggetto che uccide una persona.

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