Immobilismo

ImmobilismoIn molti luoghi di lavoro in Italia, in molti uffici, fabbriche si assiste al proliferare dei dipartimenti, alcuni affini, che si occupano delle stesse cose, dello stesso argomento,  con tanto di dirigente, ma nessuno pensa ad accorpamenti fruttuosi. Negli ultimi tempi si assiste al proliferare di un fenomeno nuovo, ossia la chiusura ermetica, insensata dei dipartimenti. Ognuno sbriga le sue faccende, sviluppa i suoi progetti specifici all’insaputa degli altri dipartimenti che ignorano persino quale sia l’attività principale. I membri del dipartimento diventano come gli appartenenti a un clan, come gli affiliati di una cosca, parlano un linguaggio in codice, si identificano fra di loro divenendo interscambiabili all’interno del gruppo di lavoro. Pensano solo a raggiungere l’obiettivo, la meta prefissata ignorando quello che producono gli altri dipartimenti esistenti in azienda. Non si confrontano con gli altri reparti, con il mondo fuori, vivono e lavorano ripiegati su se stessi. Di solito sono fanatici, superbi del loro lavoro e commiserano gli altri che sono esclusi. Hanno l’abitudine di parlare solo fra di loro, di avere rapporti amicali solo nel gruppo. Gli altri sono lontani, da respingere. Se una persona nuova, un nuovo assunto viene inserito nel gruppo, l’innesto non sempre riesce. Il nuovo arrivato riceve pochi imput, viene tenuto a distanza, sorvegliato. Nessuno gli rivolge la parola, lo coinvolge nella attività, lo asseconda. Viene lasciato a se stesso come una persona che non conta nulla pur essendo magari qualificato, pur avendo una preparazione adeguata e un ottimo carattere. Il gruppo guarda torvo l’intruso, che subisce vari dispetti e affronti. Il gruppo per difendersi è capace di tutto. Spesso i nuovi venuti per la rabbia sono costretti a farsi trasferire dove è possibile. Il nuovo arrivato è guardato con sospetto, entrano nella sua stanza senza bussare, lo umiliano davanti a tutti con parole offensive. Il dipartimento si fossilizza sulle sue attività, non si evolve, rimane impantanato perché privo di aperture. Il dirigente si atteggia, si reputa necessario, si da importanza perché sa che ogni cosa deve ricadere sotto il suo controllo, sotto la sua supervisione. Il dirigente arriva con aria di sfida, tracotante, gestisce il personale come fossero suoi oggetti personali inanimati. Questo immobilismo è raggelante, i dipartimenti restano vincolati alle scelte dei capi. Nessuno mette in guardia i nuovi assunti da questa realtà abituale. Tra i dipartimenti ci dovrebbe essere scambio, incontro, punti di contatto specie quando si trattano le stesse materie. Invece nessuno si accerta di quello che fa il dipartimento parallelo. Si può lavorare e dare il massimo solo dove c’è totale apertura mentale e non.

 

Ester Eroli

 

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