Jan Fabre Le temps empruntè – Il tempo preso in prestito

“JAN FABRE Le temps empruntè – Il tempo preso in prestito”
Roma, Museo Carlo Bilotti, Aranciera Villa Borghese
28 ottobre 2009 – 14 febbraio 2010
Viale Fiorello La Guardia
Ore 09.00 – 19.00. L’ingresso è consentito fino alle ore 18.00. Chiuso lunedi.
Intero: € 4,50; ridotto: € 2,50
www.museocarlobilotti.it; www.museiincomune.it;
Dal 28 ottobre 2009 fino al 14 febbraio 2010 all’Aranciera di Villa Borghese uno degli artisti più eclettici e innovativi del suo tempo, Jan Fabre, sviluppa un’azione multimediale contro l’inarrestabilità del tempo per ridare parola al rituale dell’arte, celebrazione che si esplica nel momento dell’attesa e nella conferma dell’assenza. L’esposizione mostra disegni, bozzetti e “modelli di pensiero” dell’artista belga, che vengono accostati ai lavori fotografici di Robert Mapplethorpe, Helmut Newton, Carl De Keyzer, Jorge Molder e molti altri, i quali tentano di immortalare la sua alacrità, che non ha limiti di applicazione. Questa è profusa in plastici di scenografie teatrali realizzati con bicchieri rotti, mantidi giganti, microfoni, ballerine in vetro, disegni schizzati su fogli a quadrettoni e colorati con la biro rossa e blu, improbabili corpi animali o oggetti dalle cui protuberanze si librano organi sessuali umani, creature sanguinanti nella serie “Je suis sangre”, accozzaglie di figure schizzate a penna su uno sfondo ad acquarello morbido e dal sapore lontanamente metafisico, rimandi al dadaista Duchamp in “Zij was en zij is, zelfs”, dove l’associazione alla sposa e ai pretendenti del “Grande Vetro” è immediata. Dall’altra parte, i fotografi immortalano, principalmente in bianco e nero, le messe in scena di Fabre e ne danno un’interpretazione poetica, che stride con i bozzetti e gli schizzi del belga, ponendosi in modo pacato rispetto all’osservatore; è come se l’occhio non riesca ad abituarsi e a collegare i due supporti, le foto e i disegni, e si trova stressato da questo confronto, quasi stesse assistendo a due spettacoli contemporanei che si sovrappongono, non riuscendo a seguirne nessuno dei due. Più interessante è la lettura dei frammenti che ci fanno conoscere il pensiero dell’artista e che ci introducono alla sua poetica; di questi quello che colpisce maggiormente è quello posto all’ingresso della mostra: “Il guerriero pretende di essere immortale, ed è là che sta il suo peccato. E’ proprio questo l’argomento della mia tragedia”. Jan Fabre

 

Alice Colasanti

 

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