La fine dei sogni

La crisi economica è ormai un dato di fatto, incalza da presso, morde, stringe, soffoca. Misure, provvedimenti restrittivi, tagli sono l’ordine del giorno. Il governo cerca in tutti i modi di arginare la piaga della disoccupazione, l’innalzamento dei prezzi, la caduta vertiginosa dei consumi. Mille strategie vengono attuate per risparmiare. La crisi genera panico, frustrazione, senso di fallimento e di impotenza. La gente vive sulla pelle una precarietà, una instabilità che prima non conosceva. Il momento non è dei migliori. Ci sono tensioni, fibrillazioni, inconvenienti, lotte sindacali. Una situazione disastrosa sotto molti punti di vista. Scoppia la rabbia, l’indignazione, la voglia di soprusi. Tutti sono in attesa, con il fiato sospeso attendono fiduciosi che tutto passi. Altri fanno previsioni catastrofiche a lunga scadenza. Le donne sono nervose perché non possono fare più i lussi come prima, gli uomini non possono più oziare o comprarsi l’ultimo modello di scarpe. Il destino ha giocato un brutto scherzo. Una mattina radiosa ci si risveglia più poveri. La classe dirigente stenta a rinunciare ai privilegi e già si pensa ad abolire alcune festività e a ridurre le ferie. E’ come, tutto sommato, la fine di un sogno luminoso e l’inizio di un incubo oscuro. In realtà se si guarda a fondo si comprende perché siamo arrivati a tanto. La gente, anche quella comune, era abituata a una vita piuttosto dispendiosa, oltre le proprie capacità. Molti hanno fatto il passo più lungo della gamba e hanno dilapidato soldi senza mettere nulla da parte. C’è stato quello che si può definire scialo, scialo che porta alla rovina. Pensiamo al romanzo “Lo scialo” dove appunto la famiglia va alla deriva per tutta una serie di comportamenti scorretti. Ora la maggior parte delle persone è costretta a rivedere nel dettaglio le proprie abitudini di vita. Lo stile di vita va rivisto. In passato abbiamo visto persone con tre cellulari a disposizione pur essendo semplici impiegati, ristoranti di lusso pieni di signore eleganti, vacanze meravigliose prenotate nei posti più mondani. I giovani erano abituati a cambiare una macchina l’anno, a vestirsi con abiti firmati comprati in eleganti negozi del centro storico. I politici delle sezioni organizzavano feste con abbondanti rinfreschi tutti pagati con soldi pubblici. L’accortezza, la lungimiranza, non erano contemplati. Si compravano oggetti inutili, accessori che poi finivano nella spazzatura. Molti comuni ogni anno per Carnevale spendevano una fortuna per costruire nuovi carri allegorici, perché quelli dell’anno precedente erano stati gettati nelle discariche ora si pensa di riutilizzare i carri del passato. Molte persone gettavano costumi da bagno nuovi di zecca perché di un colore non più di moda. Abiti da maschera invece di venire riciclati per i più piccoli di casa venivano cestinati perché considerati superati, troppo classici. Tutti si sono lasciati prendere la mano, così era possibile vedere pezzi di pizza gettati per la strada intatti, gelati, e altro cibo. Nessuno pensava di usare il cibo scartato per animali domestici. Ora le carte in tavola sono cambiate e bisogna ridimensionarsi. Dobbiamo farlo tutti come in passato tutti , nel nostro piccolo, abbiamo speso a dismisura. Del resto un proverbio famoso recita: chi non si misura poco dura. Non abbiamo saputo amministrare il denaro pubblico né quello privato e ora paghiamo le conseguenze. Le nuove generazioni devono essere educate al risparmio, invece passano le serate davanti a lunghi calici di vino. Cambiare può essere facile basta volerlo, perché volere è potere.

 

Ester Eroli

 

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