La politica del camminare tutti insieme

La politica del camminare tutti insieme

Lungo la strada tracciata cinquant’anni fa da Aldo Capitini, marciare da Perugia ad Assisi assume ancora più valore. Oggi che la precarietà ed il ricatto del lavoro sono diventati la cruda realtà di milioni di giovani in Italia e nel mondo. Oggi che viene abolito il diritto del lavoro nel nostro Paese distruggendo Contratto Nazionale e articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori e imponendo così il ricatto “lavoro o diritti”’. Oggi che i Parlamenti vengono esautorati delle loro funzioni democratiche in nome di politiche economiche e finanziarie che tagliano la spesa sociale, colpendo ciascuno di noi nei nostri diritti e le fasce più deboli in particolare. Oggi che la democrazia scompare dai luoghi di lavoro come dal Parlamento, che si limita ad essere il palazzo dorato di una casta autoreferenziale. Oggi che, come ieri, si fa la guerra parlando di “ragioni umanitarie” e di “libertà dei popoli”, violando l’articolo 11 della nostra Costituzione, legittimati dal silenzio dei mezzi di comunicazione. Oggi che vogliono farci credere che abbandonare un barcone di migranti in mezzo al mare sia la normalità o che aggredire un omosessuale sia solo un caso. Oggi che i privilegi della Chiesa Cattolica si mostrano nella loro assurdità e inaccettabilità. Oggi che lo Stato Italiano rinnova il suo attacco scriteriato ai beni comuni.
Ecco, oggi vale davvero la pena marciare.
Marciare portando la nostra indignazione, il vento di cambiamento e giustizia che spira nel Maghreb ma anche nei Paesi europei: in Inghilterra, Spagna, Grecia, Francia la gente si desta e pretende diritti sociali e civili, una democrazia reale e una giustizia sociale per un nuovo modello politico e di sviluppo. Per tutti questi motivi, Pace non significa Pacificazione, silenzio, omertà, acquiescenza. Marciare per la Pace significa marciare per i diritti di chi è colpito dall’ingiustizia e cambiare il quadro politico economico e sociale.
Iniziare a marciare oggi per non fermarsi, mettendo assieme le voci di ciascuno e costruire una società migliore.

“Dalla terra ogni bene”, stava scritto sulla facciata di un capannone di un’azienda che commercializza sementi, appena fuori la frazione di Ponte San Giovanni (Perugia); “dalla Pace ogni bene”, sta scritto nel cuore di chi, a questa cinquantesima edizione della Marcia per la Pace Perugia – Assisi (e ritorno) ha donato il suo passo.

“Se le cose non vanno, dobbiamo imparare a dire basta. Ma se vogliamo che le cose cambino realmente dobbiamo fare qualcosa di più: assumerci le nostre responsabilità, decidere di fare la nostra parte. Sappiamo che molti dei cambiamenti che sono necessari e urgenti per uscire da questa situazione, in Italia come nel resto del mondo, sono radicali e complessi. Le soluzioni ci sono, non dobbiamo aver paura, ma si devono cercare insieme. Non è facile, ma è indispensabile. Non è facile perché in questi anni sono cresciute le disuguaglianze anche tra di noi, l’individualismo è diventato un valore assoluto e il consumismo ha devastato il nostro modo di stare insieme. Eppure oggi non abbiamo alternative: o riscopriamo il volto degli altri e ci disponiamo a cercare insieme oppure verremo travolti. Detta in altri termini, questa è la nuova politica che siamo chiamati a costruire. Una politica povera di soldi ma ricca di idee e di progetti, una politica povera di affaristi ma ricca di credibilità, competenza e coerenza. A questo sforzo è dedicata la Marcia Perugia – Assisi che domenica 25 settembre si svolge nel nome della pace e della fratellanza dei popoli. Una politica sempre più vecchia e abbruttita sta trascinando l’Italia ai margini della comunità internazionale, gli ha tolto ogni credibilità e quindi capacità di far crescere il nostro Paese e di difendere i nostri legittimi interessi. E noi non possiamo permetterci di restare a guardare. Camminare insieme per un giorno ci aiuterà a camminare insieme tutti i giorni, ad attraversare i luoghi più difficili e ad affrontare le sfide più grandi”. Così Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della Pace, presentava le motivazioni ed i perché della cinquantesima edizione della Marcia della Pace Perugia – Assisi in un suo intervento sul settimanale “Famiglia Cristiana” n° 39 del 25 settembre 2011.

Pertanto, per tutti i motivi esposti all’inizio, mi sono permesso di compilare questo scritto, e mi scuso da subito per la lunghezza che qualcuno potrà considerare eccessiva: ma ritengo sia importante fare informazione “contro”, prendere le distanze da tutto e da tutti, e osservare la realtà senza pregiudizi, e solo di questa rendere conto affinché ognuno si faccia una sua, d’opinione. Così, alla Marcia per la Pace Perugia – Assisi di quest’anno, ho scelto di fare: camminare, sì, per i motivi che sappiamo ma, allo stesso tempo, guardarmi un po’ in giro, osservando. Ed osservando, e camminando, ti rendo partecipe, caro lettore, di quelle impressioni che ne ho ricavato. Arrivando ad Assisi nel primo pomeriggio di sabato, ho avuto modo di partecipare ad un unico incontro, quello in cui si faceva un po’ di condivisione fra le persone che avevano partecipato ai laboratori del mattino: spunti interessanti ce ne sono stati, e sono rimasto piacevolmente sorpreso dall’umanità di un futuro vescovo, originario del Sud America ma di origini italiane, smarritosi ad Assisi, intercettato dal sacerdote che coordinava l’incontro, e convinto a parteciparvi, seppur brevemente. Nella sera di sabato, al posto di domenica mattina, è stata fatta la scelta di celebrare l’Eucaristia, e questo a mio parere è il momento a cui riservo le maggiori critiche per come è stato proposto, non per il luogo in cui si è svolto. Nel parcheggio della struttura fieristica di Bastia Umbra, che non costituisce di per sé il problema, confesso di essere rimasto parecchio sconcertato dal fatto che il sacerdote, nella sua omelia, ha lasciato spazio ad alcune delle persone presenti, chiedendo loro i motivi per cui, cito testualmente, “Dio dovrebbe essere incazzato”, e da queste persone ottenendo risposte, in alcuni casi forse un po’ estreme, e comunque era quello che si voleva che si dicesse: ho come avuto l’impressione che ci fosse il tentativo di piegare Dio ai propri interessi. Va bene denunciare ciò che non va, sono io il primo a farlo, ma usare toni accesi e, come detto, piegare Dio al proprio tornaconto non mi pare una scelta particolarmente azzeccata se qualcosa si vuole ottenere. Assomiglia vagamente ad una strategia fine a sé stessa. Togliere parti di Messa, anche omettendo di pregare per il Papa ed i vescovi, e motivando ciò con l’idea che “Dio non fa’ preferenze”, mi sembra una forzatura, quasi una sfida nei confronti di una Chiesa con cui, invece, si potrebbe civilmente confrontarsi: e neanche permettendo che qualcuno possa esprimere ad alta voce una preghiera, il cosa aspettarsi dalla Marcia, anche questo un po’ m’è dispiaciuto. Sullo spettacolo d’intrattenimento di sabato sera, ometto ogni commento: pietoso, se proprio vogliamo definirlo con un aggettivo. Meglio è andata con la partecipazione alla Marcia di domenica: anche se, viaggiando in treno da Assisi a Perugia Ponte San Giovanni e costeggiando per un momento la Statale, c’era già gente che camminava quando ancora la testa della Marcia non era neanche partita. Per questo motivo l’ho trovata un po’ dispersiva, con piccoli gruppetti di gente, singoli, furgoncini con musica sparata ad alto volume, un’infinità di volantini che mi sono stati consegnati fra le mani (tutti ho letto, nessuno ho gettato), associazioni che poco o nulla avevano a che fare con gli scopi della Marcia (cosa c’entrava l’associazione per la promozione dell’esperanto? ) ma che di questa approfittavano. Ho trovato degna di nota la presenza di numerose rappresentanze di classi scolastiche, specialmente delle medie inferiori: di buon auspicio per il futuro. M’è piaciuto il fatto d’aver visto camminare anche numerosi sindaci, che si distinguevano soltanto per la fascia: una Marcia “democratica”, in cui ho visto sindaci riposarsi dal caldo e dissetarsi all’ombra di un albero seduti sul cordolo del marciapiede, e sindaci acquistare la frutta con guanto e sacchetto nel negozietto poco fuori Bastia. Sono solo due fra le tante, possibili istantanee che consegno alla mia memoria, al mio bagaglio d’esperienze. E’ stato un peccato che non si sia potuta mantenere la compattezza della Marcia: effettivamente difficile farlo, con tante persone, ma la testa del corteo con la grande bandiera della Pace m’ha sorpassato circa ad un 1/4 del mio percorso. Ognuno, com’è giusto, si faceva la “sua” Marcia per qualcosa, con i suoi tempi anche fisici, ma, almeno, condividere un simbolo dietro cui andare, e dietro il quale non nascondersi utilizzandolo come paravento, questo era da fare. A Santa Maria degli Angeli, per me come per altri, c’è stata la fine della Marcia, per motivi essenzialmente legati ai tempi tecnici del ritorno a Trieste: ed anche lì, a lato della Basilica, stand informativi e punti vendita di oggettistica che, per certi versi ed in alcuni casi, stonavano un po’. Qualche mano sconosciuta, sui pali dei cartelli stradali, ha affisso dei volantini in cui esprimeva il proprio rammarico e si scusava con Aldo Capitini che “si rivolterà nella tomba, qualora sapesse che i comunisti si sono impadroniti della sua Marcia”: non so se l’intento era quello di denigrare già in partenza la Marcia, senza conoscerla e senza conoscere chi ci mette del suo per essa, o solo esprimere il proprio dissenso per quei partiti che hanno allestito i propri banchetti chiedendoti una firma per i referendum di cui sappiamo. Sono state le sole bandiere di partito che ho visto, e comunque al di fuori della Marcia: chi parla di ideologie comuniste, parla senza conoscere. Chi organizza la Marcia credo tenga volutamente fuori da essa pseudo – politici e partiti: altrimenti non sarebbe una Marcia, ma un corteo.

Quei politici che, comunque, vengono alla marcia Perugia – Assisi per la vetrina mediatica che offre sapranno poi fare una seria ed umile analisi sul vuoto della loro politica e convertirsi, oltre ogni retorica superficiale e strumentale, all’arte della pace come politica che promuove il bene comune?

“La marcia non è fine a se stessa. Crea onde che vanno lontano” (Aldo Capitini, prima Marcia Perugia – Assisi, 24 settembre 1961).

 

Mauro Balbo

 

 

 

 

 

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