Laconicità

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Il mondo che ci circonda sembra essere legato a doppio filo con il tema della comunicazione. Le notizie corrono sul web, si rincorrono come bocce in una sala gioco. Ogni giorno si fanno comunicati, si divulgano notizie, ci si incontra sia pure virtualmente. Comunicare sembra il verbo più inflazionato e non di rado alcune società si chiamano “comunicare” proprio per sottolineare la loro valenza. Comunicare in alcuni casi diventa prioritario, vitale. Le parole con cui si comunicano dei concetti diventano presenze necessarie. Su facebook ognuno si racconta, propone il proprio vissuto, i propri trascorsi, sulle sue pagine si affidano persino lettere d’amore, lettere di addio traboccanti di sentimento. Sulle pagine di internet compaiono foto private di viaggi, di battesimi, di nozze, di feste movimentate  . In ogni occasione si avanzano critiche, si fanno commenti. Chi non partecipa alle orge di parole su internet si sente escluso, un essere inutile. Si fa spazio anche a parole importune, a frasi inappropriate. Nelle vene di ognuno è entrato il veleno silente della comunicazione a ogni costo, anche a costo di essere bugiardi e impopolari. Nella strategia del comportamento collettivo prevale la comunicazione attraverso diverse forme di espressione.

In verità nel quotidiano spesso dobbiamo ricrederci. Ogni giorno ci sforziamo di essere normali, di comunicare ma i nostri tentativi falliscono quasi sul nascere. In ascensore parliamo al vicino di casa che invece ha la testa altrove o addirittura guarda per terra per sfuggire al nostro sguardo. Alcuni condomini si affrettano a rientrare al portone  per non dover prendere l’ascensore con noi. Nell’attesa alle fermate della metro tentiamo di parlare con i vicini su svariati argomenti attuali ma nessuno ci risponde.  A nessuno importa di noi. Non ci rispondono nemmeno per darci torto. Nessuno ci parla, ci sceglie come interlocutore. Se chiediamo un favore ai passanti anche di poco conto non otteniamo nulla se non una fuga veloce. I dialoghi con la gente comune sono impregnati di laconicità. Poche parole fredde, distaccate, aride. Nessuno ci augura buongiorno negli uffici, nei posti dove andiamo. Sempre la solita folla che ci travolge senza criterio. Una parte di noi reclama un contatto umano, mentre l’altra sprofonda nella indifferenza cronica. Ci sentiamo il ghiaccio addosso, ci sentiamo incompiuti. Spossati rincasiamo senza aver speso tante parole. Le persone in giro ci guardano con aria severa mai serena. Le conversazioni sono laconiche, poco brillanti. Se con qualcuno torniamo alla carica per parlare questo cerca di stroncare ogni dialogo, cerca di allontanarsi. Ogni giorno divisioni, divorzi. Nessuno ci ascolta. Tutti sono presi dal gorgo degli affari. Tutti cercano di nascondere i propri stati d’animo, i propri malanni.

Il colmo lo si raggiunge quando, pur essendo correntisti di una banca, di una posta e clienti abituali, gli impiegati nemmeno ci guardano in faccia e rispondono alle nostre sollecitazioni. Non si usa più augurare buon anno ai clienti, rispondere alle loro domande o semplicemente salutare. Il nostro buona sera ci muore in gola.  Allora ci rifugiamo nell’anonimato di una chat pubblica dove ancora una volta  a nessuno importa veramente di noi.

 

Ester Eroli

 

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