Mentalità chiuse

Mentalità chiuseGli anni del liceo li ricordiamo sempre con simpatia, con ammirazione e entusiasmo, ci fanno piangere di commozione . Sono stati anni di esperienze, di formazione, di complicità, di innocenza, di stupori, di simpatie, di incontri, di letture, di separazioni, di crescite, di abitudini, di pettegolezzi, di trasporti, di passioni, di evasioni, di ascolti, di ansie interiori, di discorsi. Ci siamo sentiti liberi, alcune volte prigionieri. Mentre aprivamo gli occhi sul mondo per la prima volta ci siamo resi conto pacatamente che la realtà era ben diversa da quella immaginata. C’erano situazioni che davano nell’occhio. In classe con noi, mentre si susseguivano ripetitive le settimane, c’erano ragazzi diversi, che non pensavamo mai di incontrare. Ragazzi chiusi, incapaci di confessare i propri sentimenti, di scherzare con noi anche solo per una volta, che uscivano con persone più grandi, viziati, ricchi, legati alla morale della propria classe sociale . Ragazzi che non ci consideravano, non ci parlavano, che non perdevano tempo con noi . Vestiti in giacca e cravatta, con la ragazza fissa vivevano ignorandoci completamente, con la certezza di essere migliori . Giovani che parlavano di viaggi avventurosi, modelle stupende, di politica, di padri famosi da imitare , di amici illustri, di borsa, di concerti, di pellicce della madre, di lezioni di pianoforte, di tennis, di divi del cinema, di campioni conosciuti, di collegi, di giochi di società, di viaggi da soli, di quartieri in, di serate di gala, di abiti doppiopetto, di poker, di sci, di club, di baseball, di barche e ristoranti. Erano giovani che non avevano mai paura dei compiti in classe, delle interrogazioni, di essere rimandati. Avevano fiducia nel supporto della famiglia. Ci sentivamo soli con loro, trattati in modo freddo e ossequioso. Si comportavano in modo gravemente asociale, rifiutandoci senza conoscerci. Impressionati sentivamo anche noi il desiderio di diventare importanti per avere figli come loro, sicuri e spregiudicati. Noi stavamo nel ghetto, prigionieri di convenzioni sociali, della legge del ceto ma non ci sentivamo portati ad essere amici dei nostri carcerieri, che ci intimidivano. Mentre in noi c’era l’ossessione tremenda del denaro, la paura di spendere i ragazzi perbene spendevano tutto per valorizzarsi, per mettersi ulteriormente in mostra, per fare viaggi che davano prestigio, per vantarsi . Lo spreco di denaro ci scandalizzava. Alla fine li abbiamo ignorati e loro erano contenti di aver ottenuto l’effetto desiderato. Con il tempo sono divenuti importanti, brillanti e fieri, famosi fotografi di guerra, giornalisti, economisti ma sono continuati ad essere introversi, chiusi al mondo esterno, agli altri. Hanno condiviso i loro piaceri, le loro storie d’amore, i loro risultati solo con i ricchi ignorando il resto del mondo, gli altri che per loro erano quasi una minaccia. Non si sono avvicinati a nuovi ambienti, a nuove realtà, a anime sconosciute, si sono preclusi la conoscenza di anime belle, di persone pure e cristalline. Hanno troppo spesso dimenticato che i valori della vita sono altrove e che anche gli altri hanno avuto il loro raggio di sole.

 

Ester Eroli

 

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