Orazio Costa, regista e pedagogista teatrale di fama europea

Orazio Costa, regista e pedagogista teatrale di fama europeaCi sono molti personaggi che non sono ampiamente valutati nella nostra società. Alcuni non vengono neppure ricordati negli anniversari di morte, i giovani non li conoscono, li ignorano, per loro non sono mai esistiti. Non esiste spesso nemmeno una strada, un vicolo a loro dedicato, eppure c’è chi veramente ha fatto tanto sul piano creativo. Orazio Costa, morto nel 1999, sembra caduto nell’oblio. Era conosciuto dai suoi contemporanei come regista e pedagogista teatrale di fama europea.

La sua carriera inizia in sordina nella scuola di recitazione di Eleonora Duse, poi come allievo di Silvio D’amico. Si laurea in lettere con una tesi sui dialoghi teatrali dei Promessi sposi di Manzoni. Nel 1944 fonda il piccolo teatro città di Roma. Si lancia poi nella regia di opere fondamentali nel panorama teatrale come Enrico IV, e Liolà, come le Tre sorelle di Cechow. Intanto scrive testi e poesie che la critica accoglie debolmente. Il suo interesse per l’arte lo porta, a partire dal secondo dopoguerra, a un rinnovamento profondo e concettuale del teatro. Egli si concentra sul ruolo principale del regista e dell’attore. Introduce un metodo nuovo, mimico, innovativo.

I suoi allievi, tra i quali c’è anche Manfredi, devono in primis educare il corpo, il respiro, il fiato, modulare il respiro, esprimersi a ruota libera, anche senza parole solo con i movimenti, con la mimica facciale. In questo modo Orazio Costa scopre la vena comica di Manfredi che nessuno avrebbe saputo, nemmeno lui orientato a ruoli drammatici e scopre nuovi talenti.

L’attore deve tirare fuori il suo istinto mimico con degli esercizi anche apparentemente futili. Deve tirar fuori la sua vena creativa e lavorare sul personaggio. L’attore deve immedesimarsi nel personaggio, saperlo interpretare, sia fisicamente con il coinvolgimento del corpo sia emotivamente con quello della mente. L’Attore deve capire la natura del suo personaggio, comprenderlo non solo in modo automatico. L’attore, consapevole di sé, come un acrobata sul filo dei sentimenti del personaggio deve saper creare dei sentimenti ex novo. L’attore deve essere un camaleonte disposto a tutte le metamorfosi e trasformazioni. L’attore deve mimare sentimenti imporranti come l’amore e creali, renderli vivi, rivelarli al pubblico. L’attore, come in un gioco sapiente, deve studiare le espressioni dei vari sentimenti e inoltre le potenzialità espressive del suo corpo. L’attore deve saper scegliere gli atti espressivi da assumere, non solo le parole, che passano in secondo piano. L’attore deve seguire un metodo pratico.

Quello di attore non è solo un mestiere, ma egli porta in sé l’essenza stessa del teatro con tutte le sue sfaccettature e sfumature.

 

 

Ester Eroli

 

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