Rinunzio e credo

Rinunzio e credoUna fioca luce attraversa i chiari vetri mosaici e scalda gli affreschi. Nell’aria l’odore d’incenso. Due fedeli sparsi e una comune preghiera, per alzarsi con lo spirito e non sedersi nel comune peccato.

Un’ora dalla funzione e intanto un finto santo riceve le richieste, le ansie e i dolori dei cari cori, tra ceri di abiti neri.

Un lavoro che eleva importanza. Nella stanza si versano parole e isole sole cercano mari di consolazione. Confessione ed intenzioni nel riconoscere reati e diventare beati.

Manca mezz’ora dicono le campane, campate per chiamare la gente che non sente, perché si sente o perché ha sentito troppo e poco.

Quel poco che basta, per dare tanto  peso all’ormai obeso dissenso, semina di dubbi e raccolta di incertezze.

I giornali e le televisioni han già detto tutto. Siamo sempre in lutto per la morte della chiesa.

Istituita per guidare, vissuta per sbandare. Incidenti di percorso nel corso di pochi.

Quei pochi che, però, spiegono a tanti come farsi avanti nel cammino minato della vita.

Manca mezz’ora, il tempo giusto per una mancanza e rendersi sbagliato.

Signori scusate, ma ho da fare! Da fare le scuse al Signore.

E le vedove e i rosari vanno dove l’orazione è una religione, dove ognuno attende una fetta di torta, dopo aver digiunato dal saziarsi di velleità.

Piccole età che si rincorrono tra i banchi di fedeli, che cercano silenzio per ritrovarsi grandi.

Suonerie che rubano ai canti la scena e anticipano ai vicini la loro sorte e pena.

Tutti lo cercano, ma lui è andato a perdersi nelle vie del suo viaggio.

Un assaggio mostro, nudo, insano e nascosto per, poi, fare posto alla veste di saggio alla mostra dei valori.

I cori intonano l’ingresso dell’attore, ora oratore, prima squallore.

E a questa visione è giusta e dovuta una riflessione

Prati e preti nei ghetti del cuore, la mano del male in guanti d’amore. L’innocenza rubata dai ladri di parole, il silenzio del consenso tra le foglie e le viole. Viola la coscienza e vola l’indecenza. La chiesa è la casa, ma non la causa. Chi l’ha eretta non ha colpe su chi lo ha eretto contro in un colpo. La chiesa siamo noi e non la dote di un sacerdote. È la guida, ma non può guidarci tra le curve e le strade del piacere (il suo). Però non dimentichiamo che la messa non è il participio passato di mettere, ma il principio presente per metterci a rendere grazie a chi ci ama davvero.

 

Santi Germano Ciraolo

 

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