Uomini di cultura

Portugal Daily LifeOgni epoca, anche la più inquieta e la più instabile politicamente e socialmente, ha il suo stuolo di intellettuali, di uomini di cultura. Di solito fanno parte di un gruppo sociale specifico, autonomo. Il loro compito è quello di raccogliere gli stimoli culturali e sociali di un’epoca e di tentare di operare un rinnovamento anche radicale della società. Secondo Aristotele l’intellettuale è colui che è dotato di anima intellettiva, l’unica veramente in grado di raggiungere la verità. L’intellettuale è spesso apparso in passato come uno sradicato, che rinunciava a vivere la vita reale, per lasciare spazio alla sua vocazione. Nel mondo moderno questa figura si è evoluta non sempre in modo innocente. Apparentemente gli intellettuali, specie moderni, sono avvolti da un alone di fascino che fa di loro delle creature speciali circondate da una luminosità appariscente. Il loro fascino talvolta è privo di consapevolezza. Loro amano vivere il loro tempo, assaporare velocemente ogni novità. Di solito sono persone che richiamano l’attenzione per il loro talento, per il loro impegno, per la loro decisione, per l’espressione luminosa degli occhi, per la loro capacità innata di sbloccare situazioni, per la loro precisione maniacale nel portare a termini i loro compiti culturali e artistici. Negli ultimi tempi sono comparse nuove figure, neppure dotate di grande interesse artistico, ma profondamente convinte di appartenere a una razza superiore che in automatico fa sparire gli altri. Molti intellettuali si considerano perfetti e quindi non tengono conto degli altri, con cui evitano qualsiasi contatto. Con gli altri alzano la voce, usano un tono alterato, senza complicità. In alcuni casi trattano gli altri con superficialità. Si lasciano andare a comportamenti assurdi a causa di quella dannata fissazione di essere grandi. Nella loro fobia smontano gli altri, smontano tutte le realtà precostituite. Si considerano superdotati a quindi aspirano alle massime cariche. Gli stessi professori universitari, avendo scritto molti libri, si atteggiano e sono convinti che il loro impero sia infinito, destinato a continuare. Arrivano nelle aule di fretta, di corsa, e iniziano subito la loro lezione tirando fuori la loro energia . Con sguardo superbo, inquieto, alcune volte vacuo, scrutano l’aula. Non cercano altro che mostrare la propria bravura agli occhi dei studenti, che si sentono schiacciati dalla loro personalità, e del mondo. Le loro lezioni non modificano nessuna situazione. All’uscita dall’aula se importunati spesso rispondono sgraziati e poi vanno via imperterriti, impettiti. Di fronte a situazioni difficili alzano le spalle, sgranano gli occhi senza muovere un dito, senza mostrare umanità . I giovani sentono sulla pelle un senso di vuoto distante, uno sconforto che porta alla insoddisfazione. Rimangono a bocca aperta di fronte a professori e intellettuali sempre sovrappensiero e distratti, senza prospettiva delle cose, che avanzano proposte che non portano a niente se non alla gratificazione personale e alla sfida. Gli studiosi del nostro tempo si ostinano a rimanere chiusi nel proprio mondo e nelle proprie convinzioni, senza fare dei tentativi di approccio verso la gente comune, senza smettere di pensare alla carriera. Ogni intellettuale sogna interviste, incontri, dibattiti, feste in suo onore. I giovani credono di poter entrare con facilità in mondi inaccessibili ma per loro esiste solo la precarietà disorganizzata, instabile in un mondo di intellettuali freddi che non chiedono di essere ascoltati, ma che lo pretendono. Alcuni intellettuali sono divenuti i mercanti della superbia e del fanatismo che non dà frutti.

 

Ester Eroli

 

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