12 agosto 2000 (Romanzo epistolare)

Una vita difficile romanzo epistolareVolevo fare di me un intellettuale allo stato puro. Inoltre cercavo un riconoscimento, un consenso da parte della società, che, per uno sciocco pregiudizio, mi aveva respinto. Spedivo le mie poesie a case editrici, a enti, a società nella speranza di essere presa in considerazione, a prescindere dalla pietà per il mio stato. Volevo essere ascoltata, sentita, rispettata. Gli enti ignoravano il mio stato, potevano esprimere pareri senza essere condizionati. Non volevo un premio nato dalla pietà. Partecipai a un grande concorso letterario, grazie anche alla collaborazione di mia madre, ma il premio venne assegnato a altri. Fu la mia prima grande delusone. Avevo delle lacune, dei limiti. Decisi di perfezionarmi, di studiare di più. Volevo laurearmi in letteratura, ma mi scontrai con la volontà ferrea di mio padre. Per lui la letteratura era uno studio ozioso. Per quanto riguarda la scuola superiore mia madre, decise, contro tutti, di farmi prendere lezioni private in casa. Mi sarei poi presentata come privatista per gli esami di maturità. Presi lezioni di francese, inglese e nel tempo libero componevo poesie in lingua straniera. Nelle lingue ero una specie di genio. per diletto e passatempo traducevo romanzi e testi stranieri. Apprendevo con facilità, assorbivo tutto come una spugna, avevo una pronuncia perfetta. I professori si complimentavano con me e mi chiedevano consiglio per traduzioni importanti. Aiutavo ragazzini più piccoli di me, davo lezioni private gratuite. Avevo fatto passi da gigante, potevo dirmi soddisfatta di me. Il mio cuore era triste. Il successo scolastico mi ripagava solo in parte. Una ferita interna sanguinava copiosamente.

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