10 agosto 2000 (Romanzo epistolare)

Una vita difficile romanzo epistolareMi domandi come era l‘istituto? In quel luogo pochi erano quelli intelligenti, a molti la malattia aveva logorato anche il cervello. Il problema non erano i miei simili, ma i superiori, coloro che per legge erano preposti alla nostra educazione. Erano arroganti, sgarbati, maltrattavano tutti, rispondevano male. Il cibo che ci davano era scadente, erano sempre le solite pietanze senza sostanza. Ci davano sempre baccalà e patate, per risparmiare. Spesso per punire qualcuno di una malefatta lo lasciavano digiuno per giorni. Le visite mediche erano rare e quando avvenivano erano un vero tormento. Non c’era nessun rispetto per la dignità umana. Eravamo solo dei manichini nelle loro mani. Il prezzo delle rette era esorbitante. I miei genitori sborsavano al mese cifre da capogiro. Intanto io deperivo per il cibo scadente e per i maltrattamenti continui. Gli insegnanti erano incompetenti nelle loro materie, perfidi e disumani nei rapporti interpersonali. Dentro quel luogo malsano compresi pienamente e definitivamente dove poteva arrivare la cattiveria umana. Dopo una visita medica nessuno, dico nessuno ti aiutava a rivestirti, io ero costretta a farlo da sola con tutte le conseguenze del caso e poi venivo rimproverata per il modo come ero vestita. Spesso venivo punita con giorni di digiuno. Una volta, a causa dei continui digiuni, svenni. Non osavo raccontare a mia madre le mie disavventure. Le visite dei genitori erano una letizia. I dolci e la frutta che ci portavano venivano sequestrati e nessuno li vedeva più. Non si sa la fine che facevano. Le torte di mia madre le sognavo la notte. Un bimbo coraggioso raccontò tutto ai genitori e molti furono tolti dall’istituto. Io non avrei avuto il coraggio per paura di ritorsioni. Mia madre quando seppe tutto fece il diavolo a quattro. Mio padre mi accusò di essere esagerata e bugiarda. I parenti erano favorevoli alla mia permanenza in istituto, mio luogo naturale.

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