2 giugno 1946: suffragio universale

Foto 2 giugno 1946 suffragio universaleNel 2008 il Corriere della Sera, sul suo sito Internet, pubblicò un articolo in cui si portava alla ribalta un triste dato, che la dice lunga sulla nostra identità e conoscenza della storia patria: il 29% degli italiani non era consapevole del motivo per cui il 2 giugno è una giornata festiva. Il 2 giugno, questo sconosciuto: non sappiamo perché non si lavora, non sappiamo cos’è accaduto in quel giorno, non sappiamo a quale anno debba riferirsi quel giorno e, quel che è peggio, non c’interessa saperlo, ma neanche per pura curiosità. Dando per assodato che, dopo tre anni, tutti abbiano imparato cos’è e cosa si ricorda il 2 giugno, affrontiamo di questa ricorrenza un aspetto che quasi mai viene portato sotto la luce dei riflettori. Il 2 giugno del 1946 si celebrò la prima tornata elettorale a vero suffragio universale: più semplicemente, quella fu la prima volta in cui nel nostro paese furono chiamate alle urne anche le donne, e ciò grazie al governo Bonomi e al decreto legislativo n. 23 del 1° febbraio 1945. Due soli tentativi si svolsero negli anni precedenti: nel 1881 e nel 1907, quest’ultimo ad opera di Maria Montessori (per chi ricorda ancora la banconota da mille lire che circolò per qualche anno prima dell’arrivo dell’euro ) e del movimento femminista da lei ispirato. In realtà, già dal 1924, Benito Mussolini aveva riconosciuto alle donne il diritto di voto, esclusivamente per le amministrative, con il solo fine di dar prova del fatto che lui, dall’elettorato femminile, non aveva nulla da temere. Fu solo pura demagogia, avendo la dittatura proibito la celebrazione di qualsiasi elezione per comuni e province.

I giorni nostri ci parlano invece di commissioni per le pari opportunità tra uomo e donna: commissioni create iniziando dai due rami del Parlamento e terminando nel più piccolo Comune italiano. Serviranno, poi, a qualcosa? Nutro forti dubbi sulla loro efficacia come strumento per superare disparità di trattamento fra il genio femminile ed il genere maschile. Allora, di tutte le lotte intraprese per portare le donne ad interessarsi di politica, sia con l’impegno attivo sia con la propria delega validamente espressa, è rimasto qualcosa nella memoria? C’è posto, nella memoria, per chi sacrificò la propria di vita, affinché la vita di altre diventasse primaria e degna di considerazione e non soltanto fattore di subordinazione e sudditanza al genere maschile? Ce ne sarebbe da discutere, prendendo a titolo esemplificativo la scena politica attuale, povera di donne nei posti che contano. A memoria, da quando seguo le vicende della cosa pubblica, ricordo solamente Nilde Iotti ed Irene Pivetti alla presidenza della Camera, comunque la terza carica dello Stato; e Susanna Agnelli al ministero degli affari esteri. Di altre, non ho notizia: beninteso, se qualcuno volesse aggiungere o correggere questo scritto laddove non completo nei suoi dati storici, può farlo liberamente. In Germania ed in Croazia, solo per citare un esempio non spostandoci al di fuori dell’Europa, due donne sono a capo del Governo. Quando, da noi, una donna Presidente del Consiglio?

Il cammino, nella nostra nazione, è stato faticosamente segnato: spetta ad altri ( e, ancor di più, ad altre ) il compito di tenere pulito il sentiero ed allargare la via, affinché il loro e nostro andare proceda più comodo, altrettanto spedito, ancor più sicuro e nella giusta direzione.

Mauro Balbo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.