Trieste, piazza dell’Unità d’Italia. Una contesa in cui non ci saranno né vincitori né vinti.
Beatrice Vio, da Mogliano Veneto, contro Margherita Granbassi, da Trieste, campionessa del mondo di fioretto. Unico accessorio obbligatorio, aggiunto alle protezioni individuali già previste dalle norme della federazione: una carrozzina.
Beatrice, originaria della provincia di Treviso, quando di anni ne aveva undici, deve sottostare all’amputazione delle braccia, sotto i gomiti, e delle gambe, sotto le ginocchia, a motivo della meningite che, come una stoccata, la ferisce in un giorno di novembre, quasi tre anni or sono. Ce ne sarebbe già abbastanza per precipitare nell’abisso della disperazione. La storia, però, non prosegue così: potendo fare assegnamento su di una certa disponibilità economica, trascorsi appena tre mesi dall’amputazione di parte degli arti superiori e inferiori, ritroviamo Beatrice, con le protesi, che già cammina. Da lì al ritorno sulla pedana, la strada è poca, parzialmente in salita: una strada dove le sbandate ci possono anche stare. Tuttavia, il richiamo della pedana non lo puoi soffocare. E i successi tornano a rifiorire: e risorge anche l’amore per la vita, amore che, forse, non s’era mai arrestato. Semplicemente, dopo essere venuto a conoscenza di questa storia, posso solo pensare che questo sentimento nei confronti della vita si fosse rintanato dietro ad un muro, pronto a ricomparire appena fosse giunto il momento adatto. Ed è ricomparso, questo amore, anche sotto forma di un’associazione Onlus, Art4Sport, che provvede ad aiutare le famiglie dei bambini che desiderano intraprendere o ricominciare una disciplina sportiva, procurando loro le protesi necessarie.
Tu che leggi, che sei approdato al termine di questo testo, ti sarà rimasta una domanda inevasa, a cui non ho dato soddisfazione: la sfida di piazza Unità, a Trieste, ma com’è andata a finire?
Ricordi? Non c’erano vincitori, né vinti. Infatti, proprio così.
Balbo Mauro