Dirigenti esterni

Dirigenti esterniCon il tempo la vita lavorativa ci appare sempre più noiosa e ripetitiva. Ci rinfranca solo il pensiero del giorno libero, della pausa pranzo, del fine settimana, delle ferie, delle vacanze, delle feste natalizie e pasquali . Il pensiero del lavoro nel tempo libero è lontano. Saltuariamente pensiamo alle nostre beghe di lavoro quando siamo a casa, a riposo. Al lavoro ci comportiamo in modo impeccabile, educato, cauto senza mai indignarci. Ci rendiamo però conto di trovarci spesso dentro un grosso carrozzone teatrale dove siamo solo un numero, una comparsa nella commedia che si consuma ogni giorno in modo anche vergognoso. Riflettendo ci convinciamo che per certi comportamenti non ci sono spiegazioni, che tutto deve accadere anche se lascia a desiderare, anche se è inadatto per una attività lavorativa degna di questo nome . Le ultime frontiere del lavoro hanno creato la figura di dirigenti che sono a capo di dipartimenti sulla carta ma che poi si trovano altrove. Un pauroso segno del decadimento in cui siamo caduti. Continuano a dispensare livelli, a parlare, a lodare, a richiamare,  ma a distanza. In questo modo si creano confusioni, malintesi, imperfezioni, delusioni, incerti stati d’animo . Nei corridoi si bisbiglia con impazienza, con voce rabbiosa ma poi si torna a sorridere ad ogni lieta occasione, in ogni momento. I dipendenti sono spaventati, disorientati, umiliati, quasi disperati per non avere un punto di riferimento  ma continuano a lavorare, a parlare in modo bonario del capo, un vero dirigente da imitare. I dipendenti sono presi da un senso di impotenza, sono taciturni . Tutti sono clementi nel giudicare il capo, una persona assente ma in gamba. Il capo stesso si sente come un personaggio famoso, infatti frequenta solo persone illustri . Per i dipendenti il capo è una persona da ammirare ma nel cuore sentono di avere paura di lui, delle sue sfuriate. Ogni tanto infatti il capo sopraggiunge e si inquieta, li rimprovera per gli errori, senza pietà. Difficile è leggere sul suo volto i sentimenti che prova, spesso si mostra freddo e distaccato, impassibile. Il capo sembra così cinico che da l’idea di un padre che parla solo di lavoro a casa, di una donna concentrata solo sul lavoro. Gli impiegati al suo arrivo improvviso si sentono colti di sorpresa, si fingono concentrati, internamente hanno voglia di piangere. Non si sentono seguiti nel lavoro, sono allo sbando. Alcuni dipendenti non si accorgono della presenza del capo, che magari è giunto di nascosto, quasi in sordina e continuano a lavorare come niente fosse. Ogni dipendente si chiede giustamente quale sarà il futuro, immaginano soluzioni diverse per quell’incarico. Credono che quella sia una situazione provvisoria, invece il capo continua ad essere fuori per mesi, per anni, attaccato al proprio ruolo come edera al muro. Si ritaglia il tempo per tornare anche sporadicamente. Il capo arriva sempre con l’autista, con l’auto scura, con la pipa, organizza feste di natale per gli auguri ai dipendenti piene di commozione con il rituale della foto di gruppo. I dipendenti in questo periodo in cui sono guidati esternamente vorrebbero dormire invece devono sempre ballare, un ballo banale ma pur sempre ballo.

 

Ester Eroli

 

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