Diritti umani tra Primavera Araba e torpore Europeo

Il 10 dicembre si celebra la Giornata Mondiale per i Diritti Umani, questi sconosciuti, stando alle classifiche internazionali, che mostrano come spesso vengano visti come principi vacui e dai contorni non precisi. Come ogni fine d’anno, è stato pubblicato il “Rapporto Sui Diritti Umani” ad opera di Amnesty International.

L’anno che sta per concludersi tra qualche settimana iniziò con la strage dei cristiani copti. La crociata anticristiana venne pianificata da Al Zarqawi, fondatore di Al Qaeda in Iraq, cinque anni prima la sua esplosione e sarebbe stata opera di vari gruppi, smaniosi di colpire non solo chiese dei coopti, ma anche simboli israeliti in Egitto e non solo (Corriere della Sera, 2 gennaio). In Giordania una serie di attacchi simili furono sventati dalla polizia locale nel 2009, ma questa notizia dimostra l’elaborazione di un piano interstatale nel Medio Oriente. L’inizio cruento del 2011 è stato l’inizio di un anno che, stando alle cifre di Amnesty International, è un’appendice del precedente, nonostante sia impossibile dimenticarne la valenza simbolica di spartiacque tra le forme di combattimento del terrorismo islamico internazionale grazie alla cattura di Osama Bin Laden.

Ma non sono questi gli unici anni in cui la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani è stata stralciata, come puntualmente documentato da Amnesty a partire dall’anno fondativo, risalente con esattezza a mezzo secolo fa ad opera dell’avvocato britannico Peter Benenson. Da sempre gli strumenti usati per il sostegno dei diritti di prigionieri e detenuti nel braccio della morte, in sostanza di quelli che d’ora in poi chiameremo “dead walking (wo)men”, sono stati telefoni, fotocopiatrici, satelliti, e-mail, ed internet. Mesi fa l’aiuto è venuto da Wikileaks, sito web che pubblica documenti derivanti da una grande varietà di fonti e che ha svelato documenti governativi segreti. L’appoggio a favore dei diritti umani da parte dal suo fondatore, Julian Assange, avviene con la pubblicizzazione di documenti che denunciano gravi violazioni dei diritti nei confronti di molti più popoli di quel che si sarebbe potuto pensare. Sarebbe stato il germe che, innaffiato dalla tenacia di giornalisti nazionali desiderosi di tradurre la grettezza di dati e spacci diplomatici in notizie dettagliate, cresciuto attraverso il pensiero dell’opinione pubblica, avrebbe dato il via alla reazione dei singoli. Da qui cresce il dissenso sfociato nelle prime manifestazioni egiziane ed in quelle con-seguenti del resto del Maghreb, infine del Nord Africa tutto. La primavera araba esplode con lo sbocciare in ciascun Paese di quel fiore, fatto crescere dal mondo dell’informazione all’ombra delle dittature che nulla hanno potuto, nonostante il segreto sostegno tecnologico di compagnie telefoniche,  pronte a rintracciare ed oscurare siti e comunicazioni telefoniche, come nel caso della Samsung durante l’onda verde iraniana.

I dead walking men aiutati e sostenuti in tutto il mondo sono ancora pochi rispetto a quanti sono effettivamente in condizione di prigionia ingiusta e contraria a tutti i principi internazionali. Per un Aung San Suu Kyi rilasciata e messa nella possibilità di incontrare il Segretario di Stato americano, Hillary Clinton, troppi sono ancora i prigionieri condannati affinché tacciano o per reati che dovrebbero, al contrario, essere tutelati in quanto si tratta semplicemente di orientamenti religiosi o sessuali. Il pensiero va alla strage di cristiani coopti nell’Egitto precedente alle nuove elezioni oppure a Sakineh, madre iraniana accusata di adulterio e omicidio, perciò condannata a morte per lapidazione prima, per impiccagione dopo l’interesse internazionale.

Occorre, però, focalizzare l’attenzione a casa propria per avere un panorama completo. Pur non essendoci la pena di morte e pene tanto brutali come metodi di espiazione della colpa, spesso solo presunta, Amnesty denuncia nel 2011 un ulteriore inasprirsi dell’emarginazione di rom e zingari, sgombrati dai campi abusivi senza che sia stato fornito loro un luogo in cui andare ad abitare. Preoccupazione confermata dall’Alta Commissaria dell’Onu per i diritti umani: il punto della questione risiede, secondo la stessa, nel modo con cui il Bel Paese affronta la questione rom ed immigrati, considerati un problema per l’ordine pubblico. Anziché una fonte di manodopera. L’Unione Europea, invece, tramite il “Comitato per la prevenzione della tortura” del Consiglio Europeo redarguisce l’Italia per la mancanza di una norma contro la tortura, per il sovraffollamento delle strutture penitenziarie e la violazione del principio di non-refoulement, ovvero l’impossibilità di rimpatriare chi fugga da Paesi in cui sarebbe oggetto di tortura.

In realtà, l’Italia si è distinta per un rafforzamento del pregiudizio verso persone gay, lesbiche, bisessuali e trans gender, il che è avvenuto a cominciare dai politici, seguiti nella pratica dalle aggressioni ad opera di comuni cittadini. La musica non cambia nelle carceri, dove sono state continue le denunce di detenuti picchiati o morti per cause non colpose.

In questo quadro di incertezza non solo economica, ma anche sociale e culturale, che investe i diritti umani di cittadini italiani vessati dalla classi elitarie e di apolidi o stranieri vessati anche da frustrati cittadini italiani e dalle loro classi dirigenziali, ci si accinge alla celebrazione della natività. La festività che per eccellenza è simbolo di accoglienza e adorazione dell’Ultimo degli ultimi. Che, parlando a livello storico più che religioso, venne accolto e protetto da umili pastori ed agricoltori, dopo aver subito l’onta dell’indifferenza e della persecuzione rispettivamente da parte di coloro che sarebbero oggi la classe media e quella elitaria. Un torpore che è proprio di un’Unione Europea, la cui istituzione parlamentare non è stata ancora in grado di risolvere quello che i giuristi riconoscono ufficialmente e univocamente come “deficit democratico”.

 

Pamela Cito

 

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