Disoccupazione giovanile e la società d’oggi: riflessioni per non rassegnarsi

Disoccupazione giovanile e la società d’oggi: riflessioni per non rassegnarsi“Cerchiamo un giovane laureato o diplomato che abbia determinazione, motivato alla crescita professionale, ambizioso, positivo e ricco d’entusiasmo. E’ richiesta una buona capacità relazionale, problem solving, attitudine al lavoro in team e tenuta allo stress.

Indispensabile la conoscenza del pacchetto office e di lingue straniere quali inglese e tedesco e possibilmente di una terza lingua tra francese o spagnolo. Il candidato ideale deve aver maturato almeno tre anni d’esperienza in realtà aziendali di media grandezza. La mansione sarà…”
Sfogliando le riviste di lavoro ci si imbatte in annunci richiedenti persone che potremmo tranquillamente definire “fantastiche”. Stupirebbe fossero di questo pianeta. Se realmente esistessero io uno di siffatta luce lo voglio conoscere e votare alle prossime elezioni politiche!
Lavoro! Lavoro! Lavoro! Lavoro che non c’è! Fiumi di giovani disoccupati che sfociano in un mare di frustrazione. E voi classe dirigente, voi cosa state facendo? Si, intendo dire, voi tutti, dal politico al capo d’azienda e non solo, mentre noi vediamo bastonare il nostro futuro voi cosa fate? Intendiamoci; conosciamo benissimo i problemi della maggiore parte di coloro i quali sono a capo di un’attività e che schiacciati dalle tasse e da una crescita che tentenna non riescono ad assumere nuovo personale. Lo sappiamo benissimo, ma quei pochi di voi che hanno resistito agli scossoni della crisi, quelli di voi che si stanno rialzando, insomma quelli di voi di cui troviamo annunci o che potrebbero permettersene ma decidono di evitare assunzioni perché è meglio gestire ciò che già si ha, voi, non vi sembra di essere inseriti in un circolo vizioso che ha reso il vostro atteggiamento mentale pauroso, diffidente, dove non c’è più la voglia di rischiare, d’insegnare ma di chiudersi un po’ in quell’orticello sempre meno fiorito? Idee, energie, entusiasmi, novità, quante cose potremmo offrirvi se ce ne deste l’opportunità.
Andiamo oltre; se noi trentenni siamo malcontenti e preoccupati, i nostri fratelli più piccoli come cresceranno? E’ già sotto l’occhio di tutti; molti adolescenti si avviano nel sentiero della vita colmi di malesseri, impauriti, spaventati, sfiduciati ed incapaci di esprimere le proprie emozioni adeguatamente. Penseranno, del resto, non ci sia motivo; perché farlo se il futuro nulla promette, se non esiste. Allora ecco i branchi, gli stupri, gli omicidi, i suicidi, i veri e propri atti vandalici all’interno delle scuole. Chiediamocelo, vogliamo vederli crescere così? Molti di loro e di noi trentenni non stanno bene; guardateci, osservateci, chiedetecelo.
A questo punto credo sia inevitabile una riflessione sull’intera società globale; una società malata. Mi chiedo; ma se la società siamo noi allora non rimane che risanare prima noi. Vogliamo provarci? Chiediamocelo? Questa società è poco sana. Il suo male è l’eccesso, l’egoismo, il vedere tutto prodotto, merce, la mancanza di relazioni e la paura dell’altro. L’altro non esiste se non in funzione di noi, del nostro modello, l’altro è colui che ci può privare di qualcosa, che può nuocere alla nostra identità o portare delle novità tali da farci perdere le nostre care abitudini. L’altro non è una storia, un vissuto, un pensiero, diventa un ostacolo se non si conforma ad un modello; il nostro. Dobbiamo ammetterlo, non siamo più in grado di pensare se non in termini di produttività, di crescita esponenziale, di merce. Ma questa crescita è infinita? Fino a quanto si può crescere? Forse siamo ad un passo dal limite. Non credete si debba pensare in termini nuovi, lasciandoci alle spalle le vecchie ideologie che ci incatenano imprigionandoci. L’essere umano ha pensato al comunismo ed ha fallito, ha abbracciato il capitalismo ed ha fallito lasciandosi sopraffare diventando una macchina d’avidità e di egoismo, permettendo all’economia d’infilarsi ovunque. Spesso ci lamentiamo del sistema politico ma non esiste più un sistema politico, esiste solo un sistema economico. L’uomo oggi deve fare i conti con la propria avidità. Un’avidità agli estremi, possiamo realmente credere che non riesca a modificare questo? Crediamo realmente non possa risolvere il problema interiore che lo sta divorando? L’avidità! L’uomo ha intrapreso la sua folle corsa in questo sentiero proclamando la sua onnipotenza. Sul suo trono sogna sia la natura a porgergli rispetto. Capite perché dobbiamo pensare diversamente? Notate? sempre meno parliamo dei grandi problemi globali; inquinamento, sovrappopolazione, energia, risorse, lavoro, ecc.
Nuovi pensieri positivi devono diffondersi e occorre motivarne il dialogo, la discussione. Di certo non si cerca una società perfetta poiché l’imperfezione è propria del genere umano e della vita stessa ma una società migliore, forse con delle intenzioni perfette. A tal fine sarà importantissimo l’insegnamento, stimolare, dialogando, le future generazioni a nuovi orizzonti più umanizzati.
In fondo noi tutti cosa cerchiamo? La felicità e la serenità! Stiamo dunque creando una società che procede in questa direzione? O ci stiamo proiettando verso un futuro infelice? Osservate le nostre vite; frenetiche, stressate, ansiogene. Molti di noi abusano di ansiolitici e medicinali nel tentativo di avere performance cerebrali sempre migliori. Desiderosi ed impazienti. Inoltre ci chiedono tempi sempre più serrati e soprattutto nelle nostre funzioni di ragionamento. Laddove le nostre idee hanno bisogno di calma e quiete per formarsi le indeboliamo con minuti e secondi sempre più tiranni. Eppure lo sappiamo, ne siamo a conoscenza e se ci fermassimo un attimo lo sentiremmo avvertendone il disagio. Ci sprechiamo tra una filosofia e l’altra in cerca di quiete, di un rimedio, un modello ma mai ci concediamo un attimo per rimanere soli con noi stessi, in silenzio, per conoscerci meglio, semplicemente per avere una maggiore consapevolezza di noi e di ciò che ci circonda. Anzi, tentiamo sempre di sfuggire a ciò e siamo così bravi e astuti che pur di evitarlo ci inventiamo qualsiasi cosa; leggiamo un libro, ascoltiamo della musica oppure fuggiamo in qualche centro commerciale. Con noi stessi, in silenzio, mai.
Noi abbiamo creato la società, la società ci sta trasformando in macchine.

 

Capone Flavio

 

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