Ferie non per tutti

Ferie non per tuttiSiamo abituati ad accettare la realtà, a guardarla in faccia. Non serve tentare di capire, intromettersi, intervenire, riscaldarsi, o restare fuori in un mondo irreale creato da noi. Conveniamo nell’ammettere candidamente che niente cambia sul serio, solo superficialmente, per la gioia dei furbi. Intuiamo che certe situazioni non cambiano, certe piaghe non guariscono.

Come eroi lottiamo, ci illudiamo di ottenere qualcosa. Ogni giorno ci comportiamo bene, siamo gentili, usiamo buone maniere, guardiamo tutti negli occhi senza avere nulla da nascondere. Ci facciamo prendere la mano dal demone della perfezione sul lavoro e su certi lavori ci torniamo per essere precisi. Poi in occasione delle feste è tutta un’altra faccenda. Mentre i capi, i dirigenti si assentano per molti giorni e settimane consecutive, i dipendenti, gli uscieri mancano solo pochi giorni, se riescono ad assentarsi. In alcuni casi sono obbligati ad essere di turno.

I dirigenti né approfittano del loro ruolo e afferrano al volo l’occasione, il momento opportuno e fuggono lontano. Spesso i capi si coprono a vicenda, si aiutano. Non chiedono mai scusa per la loro assenza prolungata. Tutto rimane immutato. Al rientro dopo molti giorni i capi hanno un’aria di trionfo, sono allegri, abbronzati, amabili. Hanno un’aria felice, allentano la loro morsa, sono più disponibili, alzano meno la voce. Con le vacanze la loro rabbia scompare o è debole, per poi riprendere vigore a distanza di tempo. I dipendenti cercano di restare al loro posto, di essere corretti, di parlare elegantemente.

Ad ogni festa sia di Natale che estiva, che di Pasqua si ripete il solito strazio: dipendenti di turno, dirigenti magari ai tropici, simbolo del potere. Per i dipendenti solo vacanze spezzettate, magari in posti di seconda mano. Allora la fiducia nel futuro, nel cambiamento crolla, si riduce a brandelli. Il sogno di un mutamento radicale nel mondo del lavoro è un’utopia, quasi una visione mistica.

 

Ester Eroli

 

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