Feticismo relativo ai cari genitori scomparsi

Feticismo relativo ai cari genitori scomparsiSi sa che i figli sono diversi dai genitori, si sa che certi genitori sono pignoli, pesanti, oppressivi, maldestri, che certi padri non perdonano i figli e li puniscono, non li comprendono pienamente. Sappiamo anche che in certe famiglie manca l’allegria, il rispetto, l’armonia. Sappiamo che certe convivenze sono difficili, confuse, distratte. Ci sono anche genitori in gamba, pazienti, che portano avanti il loro ruolo e i loro progetti. Ci sono è vero matrimoni falliti, divorzi, separazioni. Spesso in famiglia si è trattati male o trattati con indifferenza e in modo sbrigativo, senza entusiasmo. Ci sono genitori che si oppongono alle scelte dei figli, che rendono la vita insopportabile ai figli. Tuttavia la famiglia è un angolo di mondo in miniatura, un contenuto di valori anche se privo di dolcezze. Quando i genitori vengono meno all’improvviso ci sentiamo turbati, veniamo assaliti da mille sensazioni. Ci sentiamo colmi di commozione. Spesso piangiamo come bambini sciocchi. Quando un genitore si congeda dal mondo ci sentiamo male. Abbiamo perso un contatto importante. Di solito molti per dimenticare lo sguardo tagliente della morte danno via tutti i vestiti e gli oggetti appartenuti al defunto. Eppure certi indumenti di nostro padre, di nostra madre esercitano su di noi una attrazione fatale. Ricordiamo l’abito che indossava nostra madre il giorno del nostro diciottesimo compleanno, i guanti che metteva d’inverno, le calze di seta del nostro matrimonio, le scarpe preferite di nostro padre, i suoi fazzoletti con le iniziali, il fermacravatte d’oro.

Oggetti che ci guardano, ammiccano, privi dell’involucro del corpo che non c’è più, ci fanno l’occhiolino. Sono oggetti che non offendono la nostra vista, che ci danno calore, anche se è un calore artificiale. Gli oggetti, i vestiti ci parlano, ci comunicano intense emozioni e ricordi. Fissiamo intensamente il cappotto elegante di marca di nostro padre, indossato magari per una festa importante, e sentiamo che non possiamo disfarsene. Abbiamo le idee confuse su tutto ma sappiamo che abbiamo bisogno del conforto del profumo rimasto impresso sulle magliette di nostra madre. Parliamo sottovoce a queste cose incapaci di separarsene. Alcuni indumenti preferiamo indossarli noi. Il portacenere opaco di tutti i giorni di nostro padre ora ci sembra avere il valore di un feticcio. Persino i cruciverba posati sul tavolo ci sembrano amici, in essi troviamo tracce della scrittura del nostro genitore, che non vedremo più comporre sotto i nostri occhi. Gli oggetti ci comunicano un mondo passato che esiste solo nel nostro ricordo. Gli oggetti- feticcio si sostituiscono ai nostri genitori che non ci sono più. Allora ci addormentiamo abbracciati morbosamente al cuscino appartenuto a nostro padre, nel pigiama di nostra madre. Sentiamo ancora il profumo della loro pelle, del loro respiro. Il rituale funebre spesso comprende anche il disfarsi completamente di quanto appartenuto al defunto. Con espressione grave, a denti stretti diamo via libri, indumenti, alla caritas, alle parrocchie, un modo per svegliarsi dall’incubo. Ci dispiace però liberarci da certe cose, nonostante le pressioni dei parenti.

Allora incuranti delle opinioni altri, ci nascondiamo alcuni oggetti per contemplarli di nascosto. Ci appartiamo dopo giorni dal funerale per annusare le camicie profumate di dopobarba di nostro padre. Respiriamo il profumo sottile che ancora aleggia nell’aria. Andiamo in giro di giorno a testa alta per poi la sera aprire l’armadio e sentire la seta frusciante delle camicette di nostra nonna. Con mani tremanti, agitate tocchiamo giacchetti, poltrone, tazzine. Non ci possiamo ribellare ai sentimenti che urgono dentro di noi. Protestare non serve, qualche volta conviene assecondare. Non c’è nulla di male fare dei feticismo familiare, è molto meglio di qualsiasi turpe perversione. Il feticcio fa sentire vicino chi è lontano per sempre, in un’altra dimensione che speriamo sia migliore.

Ester Eroli

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