Gerolamo Savonarola

Gerolamo Savonarola

Girolamo Francesco Maria Matteo Savonarola nacque a Ferrara nel 1452 da famiglia agiata.

Dotato di notevoli capacità intellettive, fu avviato dal padre alla professione medica, ma lui, si appassionò sin da subito agli studi filosofici, tanto da scrivere già nell’adolescenza, come sua prima opera giovanile un commento sui dialoghi di Platone. Affascinato da Aristotele abbandonò gli studi di medicina per dedicarsi a tempo pieno alla teologia, componendo saggi, poesie e canzoni che in seguito si pregiò di declamare nel corso dei suoi celeberrimi sermoni.

Fu un attento osservatore della decadenza dei costumi e delle nefandezze della società di allora, citando, già nelle sue prime predicazioni, le infinite miserie che degradavano l’umanità definita ormai solo violenta e manchevole di ogni capacità di far del bene,  comprendendo in essa anche  i ministri del culto.

I maligni del suo tempo erano convinti che il suo modo di denunciare ed aggredire i vizi umani fosse derivato più da una cocente effettiva delusione amorosa piuttosto che da una vera vocazione religiosa che gli fece abbracciare la tonaca domenicana nel 1475.

Le sue immense capacità oratorie non sfuggirono ai suoi superiori che lo convinsero ad approfondire i suoi studi, già notevoli, di teologia e ad andare in giro per l’Italia a perorare la funzione etica e moralizzatrice della Chiesa. Ma lui andò oltre, acquisita un’enorme base culturale di stampo umanistico e biblico si costruì una loquela cui nessuno poteva controbattere, mettendo in difficoltà non solo il potentato ma anche i suoi stessi superiori porporati e non.Gerolamo Savonarola 2

Le sue colte ma violente prediche verbali attanagliarono l’attenzione di tutte le piazze in cui espose le sue teorie e i suoi strali contro le nefandezze dell’uomo, indicando spesso peccati e peccatori, con tanto di nomi e cognomi, non risparmiando nessuno, ma facendo breccia nella coscienza del popolo.

La sua irrefrenabile ascesa toccò il suo apice a Firenze, allora capitale della cultura e culla di tutto il Rinascimento italiano. La Firenze dei Medici, signori indiscussi della città, sobillata dalle tonanti arringhe del Savonarola si sollevò, cacciando i Medici e stabilendo una specie di repubblica a regime popolar-democratico-moralista che mise al rogo tutto ciò che rappresentasse l’effimero: giochi, gioielli, libri sconci, stoffe preziose, giochi d’azzardo, musiche leziose, balletti, ecc. Naturalmente fu sommerso da numerose minacciose missive inviategli da tutti i potentati italiani, compreso lo Stato della Chiesa, che lo invitò, con lettere brevi manu redatte da numerosi cardinali e perfino dallo stesso papa Alessandro VI, a non esagerare coi suoi continui proclami carichi d’ invettive che, ormai, oltre ad essere diffuse in tutt’Italia avevano scavalcato  le Alpi raggiungendo  gli angoli più remoti del mondo. Gerolamo Savonarola 3

Ma lui, per nulla intimorito, continuò imperterrito la sua linea di condotta, incrementando, per di più, la propria opera diffusoria e divulgativa, componendo all’uopo  testi e saggi filosofici di alta qualità culturale ed intellettuale che, a dispetto delle varie ammonizioni e bolle, ebbero un  grande successo come: La vigna del Signore, il Compendio delle rivelazioni, e soprattutto le Raccolte di prediche Sopra Amos e Sopra Ruth e Michea.

Ma raggiunto velocemente l’apice della popolarità, come sempre accade, subì una rapida e inesorabile caduta. Le sue invettive a cielo aperto scatenarono i fulmini del Sacro Solio che nel 1496 lo scomunicò riuscendo, inoltre, a sollevargli contro non solo la mortificata aristocrazia fiorentina, ma anche tutti i commercianti ed artigiani che vedevano profondamente lesa la propria economia.

Catturato per mano dei Medici nel 1498, fu imprigionato, torturato, processato ed infine condannato a morte dal Tribunale Inquisitorio. Fu dapprima impiccato e poi arso in pubblico rogo in piazza della Signoria insieme ai suoi fedelissimi frati e le sue ceneri disperse in Arno.

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Il rogo del Savonarola

 

Gerolamo Savonarola fu, per secoli, erroneamente considerato come eretico e scismatico, addirittura il precursore di Martin Lutero. La sua figura, oggi riabilitata, era, invece, quella del fervente cattolico, ricollegabile semmai alle linee già trattate dallo stesso Dante Alighieri o dalla patrona d’Italia S. Caterina da Siena, certamente esasperata nei toni e nelle scelte divulgative d’inaudita violenza verbale e d’intransigente condanna, ma era pur sempre quella di un fervente sostenitore delle riforme della Chiesa, assolutamente non ribelle ai suoi dogmi, come molti veri eretici avevano già fatto in passato e avrebbero fatto in futuro!

 

Adriano Zara

 

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