Il mercato del lavoro in Italia

Il mercato del lavoro in ItaliaRiflessione sulla spinta portata della crisi economica in un ambito che necessitava da tempo di importanti e coraggiosi cambiamenti.

 

Durante l’anno appena trascorso siamo stati bombardati da notizie relative al calo dell’occupazione in Italia e ai suoi inevitabili contraccolpi sulla vita di tutti i giorni. In linea con il resto d’Europa e, in alcuni casi, anche in percentuale minore il nostro Paese ha indubbiamente modificato le proprie abitudini, dovendo far fronte a una situazione inaspettata, con risvolti che non si presentavano da decenni.
Accanto a coloro che si sono adattati ai cambiamenti, inventandosi nuovi lavori o accettando proposte non in linea con le loro aspettative, pur di continuare a guadagnare uno stipendio, c’è una nutrita schiera di persone pronte a lamentarsi per tutto quello che non va, senza impegnarsi per invertire la tendenza.
A livello nazionale, il recente caso Fiat Mirafiori ha dato una fotografia esemplare di questa spaccatura. Posti di fronte alla scelta tra un nuovo contratto di lavoro e la conseguente ridiscussione dei diritti sindacali in loro possesso e la perdita dell’occupazione, gli operai si sono divisi quasi equamente. La consapevolezza di dover rinunciare ad alcuni benefici, ottenuti sia con importanti lotte negli anni passati, sia grazie alla posizione ricoperta dall’azienda negli anni del boom economico, per evitare di perdere il lavoro a vantaggio delle più competitive imprese dell’Est Europa, ha prevalso, consentendo di mantenere la produzione nello stabilimento e di porre le basi per un piano di sviluppo nel lungo periodo.
Il caso Fiat – Mirafiori appare esemplificativo di una tendenza di lungo corso, che i lavoratori italiani devono cominciare ad accettare per permettere al paese di uscire dall’attuale situazione di stallo del nostro sistema economico e conquistare un ruolo da protagonista nel mercato mondiale.
Con il passare del tempo gli imprenditori che, spinti dalle logiche serrate dal mercato globale, sceglieranno di dislocare la produzione dove il costo del lavoro e gli oneri fiscali sono minori saranno sempre di più. Per dare una seconda possibilità  di scelta e invertire la tendenza, i lavoratori italiani devono mettere in conto qualche piccolo passo indietro nella loro situazione contrattuale e accettare sacrifici fino a qualche anno fa impensabili perché, solo cosi, si potranno aprire nuove opportunità di sviluppo nel lungo periodo.
Queste rinunce devono, però, essere accompagnate da coraggiose politiche di governo, in grado di fornire incentivi a tutte le imprese che assicurano una formazione costante dei propri dipendenti. La battaglia contro lo spostamento delle sedi industriali al di fuori dei nostri confini non si vince con l’ostruzionismo, ma acquisendo la consapevolezza di dover valorizzare il capitale umano. È giusto chiedere sacrifici in un momento difficile, ma le rinunce devono essere fatte da tutti, in proporzione alle possibilità e al ruolo ricoperto nella società.

 

 

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