Il ricatto della sopravvivenza

Il ricatto della sopravvivenzaLa globalizzazione ha segnato profondamente l’attuale sistema economico mondiale, approfittando dell’estendersi della comunicazione è riuscita a condizionare il commercio, la finanza e ogni processo produttivo. I risultati però evidenziano come tale sistema sia sempre più fine a se stesso, in quanto veicola e generalizza dettami che riguardano il fattore monetario.

Ne consegue che la nostra maggiore preoccupazione sia diventata il bisogno di denaro. Il desiderio di possederne sempre di più e la preoccupazione di doverne disporne di meno ci crea un persistente stato d’ansia.

I poteri forti, cioè quelli relativi alla finanza-industria nazionale e mondiale, hanno già fatto della potenza economico-finanziaria lo scopo evidente della loro ragion d’essere, costruendosi un proprio sistema di rendita che non prescinde dalle collusioni con la politica che, di buon grado, accetta di esserne partecipe. Ciò che accadde negli anni ’60 ai tempi del Boom economico ne è un chiaro esempio. Si verificò, infatti, un drastico aumento della ricchezza pro capite e una forte riduzione della disoccupazione, per poi subire negli anni ’70 una brusca frenata a causa dell’eccessiva esasperazione dei profitti, peraltro incoraggiati e fomentati dal potere politico.

Ora la situazione descrive inquietanti sperequazioni. Il 20% della popolazione mondiale detiene il 75% della ricchezza globale, ed anche negli Stati Uniti il differenziale ricchezza-povertà tende a crescere. In Europa il trend è ancora stabile, ma si è calcolato che tre quinti della popolazione vive nella continua incertezza del futuro. La situazione nel terzo mondo è addirittura catastrofica solo il 3% vive in condizione di serenità economica.

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Appare evidente che il principale nodo da risolvere è l’iniqua distribuzione della ricchezza, il sistema economico mondiale deve compiere un salto epocale per scavalcare il ricatto delle necessità ed approdare quindi, nel progetto delle libertà sociali e lavorative. Non bisogna dare troppo credito alla attuale civiltà tecnologica che riesce a contrabbandare il progresso con la riduzione della fatica del lavoro che diventa inevitabilmente il ricatto della sopravvivenza. Sì certo, ricatto, perché la sempre più progressiva finanziarizzazione dell’economia, ossia gli aumenti di capitale che producono indebitamento, oltre a creare paradossali squilibri tra speculazione e realtà, ha favorito la diffusione capillare di un alienante fenomeno che può definirsi come una religione del dio denaro!

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Oggi si tende a dare al denaro una potenza sacrale che mistifica il suo concreto valore e la sua effettiva funzione sociale, l’espressione dio denaro non è casuale, perché è ampiamente dimostrato che l’uomo per il denaro giustifica i mezzi per raggiungere il fine (Macchiavelli docet), convinto così di poter raggiungere la soddisfazione del potere.

Nella attuale civiltà tecnologica, sempre più automatizzata e sempre più desiderosa di trasferire alle infallibili macchine le proprie attività, non ha più senso intendere il lavoro come merce di scambio per essere in grado di rispondere e reagire al ricatto della sopravvivenza, occorre superare l’idea moralistica della solidarietà sociale per favorire una concezione innovativa in grado di ripristinare valori e significati etici della società.

La solidarietà può essere concepita e praticata come un importante irrinunciabile fattore di sviluppo umano che deve tener conto soprattutto della giustizia distributiva della ricchezza, nel rispetto etico di uno stabile sviluppo futuro.

Per farla breve, il sapere di poter contare reciprocamente dell’altrui sostegno nei momenti di difficoltà, deve essere un incentivo morale che può far affrontare con serenità il presente, senza disperarsi per il futuro. Solo così si potrà evitare il ricatto della sopravvivenza.

 

Adriano Zara

 

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