Il rischio idrogeologico in Italia

Il principio “meglio prevenire che curare” è applicabile in ogni frangente della vita umana. Così come nel campo sanitario i fatti hanno ampiamente dimostrato che curare è molto più costoso che prevenire, anche per quanto riguarda la gestione del territorio è necessario promuovere una nuova cultura preventiva del rischio.

Un Paese come il nostro che vede l’82% dei propri Comuni continuamente esposti al rischio idrogeologico, deve poter disporre di una cultura adeguata nei confronti delle calamità naturali che puntualmente compromettono la sicurezza del cittadino. Non basta studiare, cartografare, monitorare continuamente il territorio (in questo siamo particolarmente abili e all’avanguardia) se poi non facciamo buon uso delle informazioni di cui disponiamo, la cultura del territorio non deve essere solo retaggio dei legislatori o dei tecnici addetti ai lavori ma anche soprattutto degli amministratori locali e della popolazione, i quali devono essere sempre, comunque e aggiungo dovunque, consapevoli dei rischi cui si espongono e sottopongono. Già l’esserne consapevoli può far evitare comportamenti pericolosi di fronte a devastanti fenomeni naturali dovuti ai cambiamenti climatici sempre più frequenti, che provocano precipitazioni intensissime concentrate in aree tutto sommato abbastanza poco estese e quando non addirittura in luoghi circoscritti. E’ assolutamente necessario dare maggiore efficacia ai vincoli già esistenti che vietano di costruire nelle aree esposte al pericolo, nonché programmare e realizzare un piano che preveda l’immediata demolizione di tutti i fabbricati abusivi, l’ evacuazione di quelli a rischio edificati prima delle norme vigenti e cogenti, e quindi l’investimento di maggiori risorse sugli interventi di qualità, per la messa in sicurezza della popolazione.

Le ultime calamità naturali che si sono abbattute recentemente in Sicilia, Calabria, Toscana e Liguria ne sono un chiaro tragico esempio. L’indagine realizzata da Legambiente ha evidenziato sconcertanti realtà: l’85% dei comuni indagati dichiarano abitazioni nelle golene, negli alvei e nelle aree a rischio di frana e solo il 4% di essi dichiara di aver intrapreso azioni di delocalizzazione di abitazioni civili e di edifici industriali!

Insomma troppo cemento invade i corsi d’acqua, i quali, come dimostrato, prima o poi non perdonano provocando danni ingenti e lutti. Il rischio idrogeologico pertanto è drammaticamente alto, ciò rende indispensabili maggiori investimenti per la corretta manutenzione dei corsi d’acqua, poiché è ormai evidente che certi fenomeni meteorologici, un tempo ritenuti eccezionali, stiano diventano praticamente naturali e ricorrenti.

E’ pur vero che possiamo disporre di una efficiente Protezione Civile, addirittura all’avanguardia nel mondo, ciò è lodevole per carità, ma sarebbe assai più lodevole non doverci ricorrere con così tanta frequenza per tamponare le falle di un sistema di gestione del territorio che fa acqua( è il caso di dirlo) da tutte le parti, e poi ricorrere alle accise per rimediare le risorse per poter riparare i danni.

E’ come, ad esempio, avere una bella e attrezzata ambulanza a disposizione ed essere contento e orgoglioso, prima o poi, di poterne approfittare!

 

Adriano Zara

 

2 Risposte a “Il rischio idrogeologico in Italia”

  1. Salve dott. Zara Adriano, appena ho visto la casa in foto crollare per scalzamento al piede del versante ho aperto il post. “Rischio idrogeologico”, “meglio prevenire che curare”, “gestione del territorio”….; sa quasi non ci credo più che tutto ciò mi possa interessare(per dire il vero proprio non ci credo più). Le ricorda le famigerate frane del maggio 1998 a Sarno, Quindici, Bracigliano, S.Felice a Cancello e Siano. Furono 160 le vittime. Erano le “colate rapide di fango”. Solo a Quindici (AV), mio paese originario, ci furono nel pomeriggio di quel maledetto 5 maggio 1998 ben 11 vittime e solo grazie all’ex Sindaco Antonio Siniscalchi che fece evacuare il paese non se ne contarono a centinaia. Io ero sul balcone di casa al 2° piano quel pomeriggio con mio padre e mia madre. Nel giro di pochi minuti noccioleti, noceti, castagneti furono cancellati ed al posto di quelle che erano macchie verdi di vegetazione si sostituì una grande ombra grigia: era fango! Le frane di Sarno entrarono a breve in letteratura geologica: “Sistemazione idraulico-forestali” di Sebastiano Sanna pag. 21 da rapporto dell’International Disaster Database, peggiori disastri nel periodo 1991-2001: 2° posto l’Italia con 147 morti nel 1998 (errato, furono molti di più, comunque). “Fenomeni ciclici” ci hanno insegnato all’Università a noi di Geologia, che avvengono finchè non è avvenuto il “riposo morfologico” dei versanti. Dal giugno 1998, ad ormai 4 anni dall’abilitazione all’esercizio della professione di geologo, mi vedevo proiettato in campo. Già un vero campo di battaglia: morte e fango. Ho prestato servizio a tempo pieno dal giugno 1998 presso l’UTC del Comune di Quindici (AV)in emergenza(giusta, ex O. M.I. 2787/98 art. 12 fino al 30 aprile 2008)mentre, oggi continuo a lavorare presso l’UTC del Comune di Quindici (AV) con mansioni di geologo ma a 12 ore settimanali (l’attuale Sindaco dice che devono “mangiare tutti” ma il suo stipendio è l’unico che rimane invariato e così ad oggi su una popolazione di meno di 2000 anime si contano 40-45 cartellini marcatempo + staff del Sindaco, ecc., ecc. Chissà perchè in Pianta Organica, ancor prima dei tragici eventi del maggio 1998, già era prevista la figura del Geologo… Comunque, lo sà dott. Zara che nel corso del 2011 ho redatto un Piano comunale di Protezione Civile e lo stesso giace ancora nella Casa Comunale ??? Lo sa perchè? Perchè il Comune di Quindici (AV) non ha i soldi per comprare una sirena per evacuazione ad impulso continuo, non ha i soldi per riparare una jeep, per comprare un pc, ecc., ecc., ma ha soldi, come i circa € 3.000,00, per comprare fiori in onore della Madonna (ha letto bene: fiori). Ma che stiamo scherzando??????? Ricordo nel 2009 chiesi “aiuto” al mio Ordine di appartenenza nel rappresentarmi come figura professionale necessaria in un territorio idrogeologicamente fragile quale quello quindicese. Macchè…. neppure mi risposero. Sono stanco di scrivere….tanto. Beh voglio essere sincero: la vede quella casa in foto che per erosione al piede della scarpata stà crollando in acqua? Sa chi mi piacesse ci fosse dentro ? Molti indifferenti , giuro! Le auguro buon lavoro ma quando leggo frasi del tipo “meglio prevenire che curare” non posso non pensare a quello che è riuscita o meglio NON riuscita a fare la “politica” a Quindici (AV). Fiori per circa 3.000,00 euro e manca una cassetta di pronto soccorso. Le auguro buon lavoro dott. A. Zara e scusi la rabbia ma se qualche volta viene a Quindici (AV) ed in piazza Municipio vede la lapide con gli 11 nomi scolpiti delle persone inghiottite dalla frana(quasi tutte persone giovani) allora potrà capirmi. Non si è fatto niente e niente si farà. Le istituzioni non vogliono. In italia è meglio curare che prevenire. Lo sà al comune arrivano fax dalla Protezione Civile di Napoli per allerte meteo e Quindici (AV) dopo tutto ciò che ha passato non ha neanche un C.O.C. (Centro Operativo Comunale). Buon lavoro e grazie

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