Il ritorno

Viviamo in un’epoca postmoderna, così almeno è state definita dagli studiosi.  Quindi per così dire siamo andati oltre la modernità. Siamo talmente oltre che la tecnologia ha raggiunto livelli ragguardevoli.  Con il telefonino riusciamo a fare fotografie, vedere film, andare su internet. Potenti raggi laser risolvono problemi di vista.  Si viaggia in tutte le latitudini, con qualsiasi mezzo di trasporto: navi, aerei, pullman. La maggior parte della giornata la trascorriamo fuori casa: al lavoro, a fare shopping, nei locali, in palestra, allo stadio, in discoteca, al supermarket, in libreria, al cinema, ecc. Ci sentiamo realizzati solo quando facciamo passi avanti nella carriera, nella conoscenza. Dopo che abbiamo fatte molte esperienze, molti viaggi  invece di sentirci felici avvertiamo un senso di vuoto. Sentiamo che manca qualcosa, che abbiamo bisogno di altro. Ci sentiamo insoddisfatti, lontani da noi stessi.  Le nostre radici sono state dimenticate, annientate, abbandonate. Siamo solo quello che vediamo allo specchio, quello che siamo diventati dopo anni lontani da casa, dalle nostre radici.  La nostra nuova casa si trova in una splendida città ma a chilometri di distanza dal paese che ci ha visto nascere. A un certo punto sentiamo il profumo dei gelsomini del nostro vecchio giardino, risentiamo il miagolio indistinto del nostro primo gatto,  rivediamo come un film la nostra prima corsa in bicicletta, il colore biondo dei capelli del nostro primo amore. Il Natale ci riporta al profumo dei dolci appena sfornati della nonna, i festoni fatti in casa, le luci costruite su misura per il nostro albero da nostro padre. La Pasqua ci ricorda i biglietti di auguri profumati dei cugini, la musica dell’organo in chiesa, il sepolcro di Cristo adornato con i fiori che abbiamo colto noi stessi nei campi. . Folate di ricordi che ci affollano la mente, odori, profumi, sensazioni, sogni che accendono i nostri sensi. Un’esplosione di immagini, di colori, di suoni. Una sfilata in costume ci riporta alla nostra prima partecipazione a un corteo storico e una struggente nostalgia ci prende. Le radici nostre hanno il sapore dei cantucci, delle mandorle tostate,  dei fiori campestri raccolti, dei fuochi di san Giovanni, ecc. In certi ambienti dove ormai viviamo avvertiamo chiaramente un senso manifesto di estraneità. Tuttavia dobbiamo stringere i denti e andare avanti sapendo che le nostre radici le portiamo nel cuore. Basta un particolare per accendere quell’interruttore che non si è mai spento in noi. Ogni tanto sentiamo il bisogno di un ritorno, non solo mentale, alle nostre origini.

 

Ester Eroli

 

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