Il senso della vita

Il senso della vitaViviamo ogni giorno senza pensare, indaffarati. Lunghe ore estenuanti le passiamo al lavoro. Le persone sensibili si lasciano invece coinvolgere, vivono la vita di petto. Chi non è indifferente di fronte alla sofferenza può decidere di assistere persone in fin di vita. Persone che si consumano come candele, a poco a poco, senza una giustificazione logica, solo per puro esaurimento, senza causa apparente. La gente si spegne lentamente nelle strutture geriatriche, mangiando sempre meno, apparendo sempre più pallidi, mostrando gli arti inferiori gonfi. I sintomi della morte prossima si possono leggere sul volto della gente, basta uno sguardo. La fine prossima si vede dalla pelle giallognola e opaca, dallo sguardo spento, dal viso gonfio. Chi si è assuefatto al dolore, alla morte considera tutto come normale routine, del resto pensa che a morire siano sempre le persone definite vecchie. I giovani pensano a godersi la vita, spesso in modo smodato, quasi per esorcizzare la morte, si scatenano in balli, feste, orge di alcool e musica. Stordirsi non porta a nessuna soluzione, non approda a nulla. Il male è sempre presente, girarci intorno, evitarlo non serve, prima o poi ci travolge trovandoci impreparati. Gli episodi di morte ci fanno riflettere e pensare profondamente al senso della vita, se la vita ha veramente un senso. Chi ha assistito una persona malata terminale sa che una costante caratterizza le ultime parole di ogni paziente sul finire della vita, tutti praticamente si domandano del perché della nascita, il perché delle sofferenze, della morte, il perché dello stare al mondo. La domanda fatidica è sempre la stessa: perché ci siamo trovati su questa terra? Perché sono nato? Domande a cui nessuno sa dare una risposta esauriente. Domande che poi sono domande di tutti. La vita come la morte è un mistero avvolto da un fitto velo di inganni, incomprensioni. La nascita rappresenta nel teatro della vita un momento di gioia, la morte un momento di lutto, ma sono solo momenti che non hanno nulla a che vedere con l’eternità. Una volta entrati nello spazio vitale dell’eternità non si può uscire, per lo meno nessuno è mai tornato indietro. L’eternità ci sta davanti, immensa, smisurata, vorace, capace di inghiottire tutto e tutti in pochi secondi senza ritorno. L’eternità spalanca le sue braccia pronta ad accoglierci, volenti o nolenti. E’ comunque sempre difficile vivere stando in bilico sull’orlo dell’abisso dell’eternità. L’uomo viene comunque spedito nell’eternità allora troviamo incomprensibile la crudeltà manifestata da certi soggetti. E’ come infierire su un morto già da tempo cadavere. Le frasi pungenti, le cattiverie, la guerra sono solo cose transitorie, senza senso. Il distacco dal mondo si compie giorno per giorno, passo dopo passo ci avviciniamo pericolosamente alla soglia dell’abisso. Ci allontaniamo dalle abitudini umane per prepararci all’indefinito, all’ignoto che fa paura quasi quanto il mondo con le sue ipocrisie. Per chi ha una vita di stenti forse l’eternità può rappresentare l’oblio, l’ancora di salvezza, il rifugio dove poter dimenticare finalmente il mondo con le sue miserie. Forse cadere nell’eternità sarà come tornare nel ventre materno e sentire attutiti i rumori del mondo, rumori che non toccano, che non fanno male, perché siamo al riparo dentro un nido caldo, che difende e protegge. L’eternità forse sarà per tutti un nido caldo, un luogo lontano, un punto luminoso dove sarà possibile perdersi definitivamente ma in modo pacifico e sereno, senza più rabbia, odio, ma in modo naturale come il fiume raggiunge il mare, la sua meta, la nostra meta.

 

Ester Eroli

 

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