Il talento dei figli d’arte

Negli ultimi tempi si sta assistendo a un proliferare di figli d’arte. Molte riviste, giornali parlano di noti figli d’arte che si distinguono nell’ambito della politica, dell’arte, della cultura, della letteratura, del cinema, del giornalismo. Come se la vocazione dei genitori si fosse per così dire estesa fino a coinvolgere le generazioni successive. Il talento personale che diventa un fenomeno collettivo, di costume, di tendenza. Essere figli d’arte è un privilegio, un modo per scavalcare gli ostacoli e arrivare sul podio del successo senza sudare, senza lottare. Non sempre la vita dei figli d’arte è semplice, pesa il confronto con il genitore o i genitori importanti, ma è comunque una vita comoda, fatta di comfort, di amicizie influenti, di benessere economico, di occasioni giuste. Ci sono giovanissimi messi alla guida di case di moda, altri alla conduzione di programmi televisivi di successo, altri sono registi, attori di teatro, giornalisti report in luoghi lontani. Essere figlio d’arte significa trovare quantomeno la porta giusta aperta al momento opportuno. Ci sono figli d’arte degni del cognome che portano, vincenti, spavaldi, sicuri e soprattutto bravissimi, perfetti. Ad alcuni non si può dire nulla, sono unici, straordinari. Ma quanto ha pesato l’educazione, gli insegnamenti in famiglia? Quanto è stato determinante, decisivo il consiglio giusto del padre o della madre, la telefonata all’amico caro, la segnalazione, il privilegio di far parte di un certo salotto, di una certa cerchia. Possiamo giustamente dire a questo punto che il talento si esporta, si eredita, si emana dalla propria persona, si irradia come la luce che emana una stella. La vocazione non è più del singolo ma di tutta la sua famiglia. Tutti hanno la stessa propensione, lo stesso stimolo, gli stessi gusti. Il codice genetico che riproduce prodotti in serie senza coscienza, senza interessi, senza inclinazioni. L’inclinazione naturale che riguarda quelli che hanno lo stesso cognome, si propaga a gruppi distinti. Ci sono gli attori, mestiere che ormai si tramanda di padre in figlio, i cantanti, le ballerine che guarda caso hanno sempre qualcuno in casa che balla e suona. Il mondo dello spettacolo che accoglie a braccia aperte i figli d’arte e respinge nuove proposte, nuovi volti perché anonimi, perché portano un cognome non consumato. Fausto Pirandello che diventa un famoso pittore, esponente della scuola romana, agevolato forse dal quel cognome che è una garanzia. I figli d’arte, nonostante tutti i problemi, navigano in acque tranquille, sicuri di farcela. Ci sono figli d’arte che si sono dedicati a altri settori, ma quasi sempre sono emersi, si sono fatti notare, sono conosciuti. La chiave del successo che apre tutte le porte, che consente di spaziare da un settore all’altro. Avere successo significa quindi anche garantire ai posteri un futuro sereno e forse anche nel mondo brillante della moda, dell’arte. Avere un certo cognome significa fa parlare di sé la stampa, l’opinione pubblica, avere gli occhi puntati addosso e non sempre perché si ha un grande talento. Essere al centro dell’attenzione porta le persone ad essere orgogliose, ripiene di sé. Ci sono stati casi anche di figli d’arte maledetti che si sono rovinati con droga e alcol perché quell’attenzione su di loro era troppo pressante e non l’hanno sopportata. Sono finiti prigionieri del loro mondo, intrappolati in una realtà falsa, lontana dalla vita concreta. Non è facile vivere seguendo un genitore sempre in tourner. Si visitano città popolose, antiche, che stimolano la fantasia ma nello stesso tempo ci si sente sradicati, senza patria. Molti figli d’arte rimproverano i genitori per le loro assenze, il loro silenzio, la loro lontananza. Dai figli in certi casi si pretende, si richiede l’impossibile. I figli d’arte dovrebbero essere in teoria migliori dei padri, ma non è possibile. Le aspettative possono venire deluse. Il pubblico abituato al talento del padre mal sopporta la diversità del figlio. Ma i figli non sono cloni, sono diversi, diversi per talento, diversi per carattere. Finora non ci sono stati, grosso modo, problemi con i figli d’arte in generale. Il problema nascerà a mio avviso, quando si scoprirà che spesso i figli vogliono fare altro nella vita.


 

Ester Eroli

 

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