Il teatro del ‘900. I grandi autori

Il teatro del ‘900. I grandi autoriOltre ai grandi innovatori dello stile e delle tecniche recitative, il’900, è stato anche la fucina dei più fantastici autori teatrali. Con la loro personalità caratterizzarono ed influenzarono il gusto teatrale del tempo, risentendo indubbiamente delle forti evoluzioni sociali e politiche allora in atto, nazione per nazione e, a volte città, per città della stessa nazione, fotografando con rara efficacia la società dei loro rispettivi paesi sottolineandone virtù, difetti, malvezzi, abitudini e soprattutto mentalità.

Nacquero nei posti più disparati del mondo, (anche se l’arcipelago britannico ne vanta numerosi), con tradizioni letterarie o senza, sta di fatto che emersero con prepotenza nei loro contesti sociali come se si fossero dati un immaginario consapevole appuntamento collettivo con la storia e la gloria. Proverò a tracciarne un ristretto, se possibile, elenco dei più significativi, non menzionandone le opere (troppe) ma soltanto una sintesi delle loro peculiarità espressive , anche se mi rendo conto che tale lista potrebbe essere ingenerosa sia, per i contenuti ad essi relativi sia, per i molti non menzionati.


Inizio col norvegese Henrik Ibsen che col suo palcoscenico-salotto esaltava l’applicazione del socialismo.

 

 

 

 

 

 

L’inglese Oscar Wilde che puntò il dito sull’ipocrisia perbenista tracciando feroci e ironici ritratti dei suoi contemporanei.

 

 

 

 

L’irlandese Geoge Bernard Shaw, che risvegliò il teatro satirico e umoristico di gusto britannico, in seguito definito quarta parete.

 

 

 

 

 

Sean O’ Casey, anch’egli irlandese, che determinò il risveglio della coscienza nazionale per la lotta d’indipendenza dall’Inghilterra.

 

 

 

Il russo Nicolaj Gogol, che considerò la società del suo paese come una sorta di feudalesimo: metà caserma e metà prigione.

 

 

 

 

 

Anton Cechov, il più geniale e raffinato commediografo russo di tutti i tempi, che ebbe l’indubbio coraggio di rappresentare la realtà degli strati sociali più umili della sua gente, descrivendone con ironia e comicità i modo di pensare ed agire.

 

 

 

 

Samuel Beckett, irlandese, che fu antesignano del teatro dell’assurdo, evidenziando la sofferenza dell’uomo in una visione d’inevitabile pessimismo.

 

 

 

 

 

 

 

Eugene Jonesco, romeno, che fu un rassegnato sostenitore dell’incomunicabilità, esprimendo temi di irrazionale angoscia, utilizzando un linguaggio esasperato e pregno di neologismi.

 

 

 

 

 

Harold Pinter, inglese ancora in vita, che esacerbando il teatro dell’assurdo, ha creato uno stile inconfondibilmente suo, definito della minaccia, carico di ambiguità e doppi sensi ideologici.

 

 

 

 

 

 

 

Eugen O’Neil, il creatore del teatro nazionale americano, che creò, ispirandosi alla psicanalisi di Freud, il monologo interiore costituito da astrazioni, sogni, incubi e allucinazioni.

 

 

 

 

 

 

 

Thorton Wilder, anch’egli made in USA, che analizzò a fondo le caratteristiche della famiglia americana mettendone a nudo pregi e soprattutto difetti in una dimensione umana che soffre la mancanza di storia di tipo europeo.

 

 

 

Arthur Miller, americano anche lui, che inserì nel gusto teatrale del suo tempo, un carattere socio- politico dedicato ai problemi del lavoro e alle frustrazioni che lo stesso comporta sia in difetto che in eccesso.

 

 

 

 

 

 

Ed infine Tennessee Williams che conclude il trittico dei grandi autori nord americani. Col suo simbolismo scarno, poetico, sensuale, bizzarro,ma anche insiem dolce e crudele, seppe dare una svolta significativa al teatro che, da allora, si sarebbe definito di stampo americano.

 

 

 

 

In questa carrellata di sommi autori mancano gli Italiani che saranno oggetto del prossimo articolo interamente dedicato a loro.

 

Adriano Zara

 

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