Il teatro italiano del ‘900

Il teatro italiano del ‘900In Italia già dopo l’unità politica completata con la presa di Roma nel 1870, cominciò a delinearsi un primo tentativo di teatro nazionale, anche se, dal punto di vista culturale, è stato ed è ancora in evoluzione continua. Bisogna sottolineare altresì che alcune forme di teatro dialettale, specie se di alto livello, sono state preferite dal pubblico delle rispettive regioni d’appartenenza. Basti citare, ad esempio, il successo ottenuto da Gilberto Govi in Liguria, Angelo Musco in Sicilia, Cesco Baseggio in Veneto, Tino Scotti in Lombardia, Checco Durante nel Lazio, Erminio Macario in Piemonte, Eduardo e Peppino De Filippo in Campania ecc.

Specialmente nei primi 50 anni del ‘900 il teatro dialettale aveva un indice di gradimento complessivamente maggiore, regione per regione, rispetto al teatro di lessico prettamente italiano, ovviamente con le dovute eccezioni, peraltro non rare, quando, ad esempio, si esibivano attori del calibro di Ermete Zacconi, Eleonora Duse, Ruggero Ruggeri, Emma Grammatica ecc. autentici fuoriclasse del palcoscenico capaci di richiamare ovunque il pubblico delle grandi occasioni.

In ogni caso il filo conduttore di una certa timida forma teatrale prettamente italiana, cominciò a prendere corpo già alla fine dell’ 800 con Giovanni Verga. Questi spezzò i residui sentimentali del teatro borghese di allora, introducendo sul palcoscenico un linguaggio scarno ed essenziale; il suo stile, definito verismo, influenzò molti autori del suo tempo come ad es. Luigi Chiarelli e Paolo Giacometti.

Ma chi riportò il gusto teatrale italiano nei fasti nazionali ed internazionali fu Gabriele D’Annunzio che sconfessò il verismo di Verga introducendo un neo-edonismo scenico e scenografico di carattere epico, eroico e passionale nella struttura delle storie, arricchito per di più da un lessico pregno di parole rare e di neologismi. In quel periodo si segnalarono anche altri autori di buon livello, come Pier Maria Rosso di San Secondo, Dario Niccodemi, Arnaldo Fraccaroli, Filippo Marinetti, Diego Fabbri e Ugo Betti. Ognuno di loro portò caratteri personali, distinguibili e stili propri sia nel linguaggio che nel modo di impostare le scene e la recitazione degli attori.

Ci sono state anche delle scuole regionali che si sono distinte, tra le altre, per qualità e quantità di autori. Su tutte la scuola napoletana con i vari Edoardo Scarpetta, Raffaele Viviani, Salvatore Di Giacomo e i fratelli De Filippo, tanto per citarne i più noti; la scuola siciliana con Luigi Capuana, Rosso Giusti, Nino Martoglio e il sommo Luigi Pirandello ed anche una scuola romana che ha avuto come astri più fulgidi Leopoldo Fregoli, impareggiabile trasformista e innovatore scenico ed Ettore Petrolini, che può essere considerato, senza dubbio, il padre di tutta la comicità moderna.

 


 

Tale periodo storico così pregno di autori e d’innovatori di notevole qualità, è stato anche caratterizzato da altrettanto notevoli esponenti del mondo della regia, della critica e dell’insegnamento teatrale. Personaggi di spessore artistico come Silvio D’Amico, Paolo Chiarini, Luciano Lucignani, Tommaso Salvini, Giorgio Strelher, Luchino Visconti, Carmelo Bene ecc. sono stati i maggiori fautori dell’affermazione e dello sviluppo del teatro italiano nel mondo. La loro grande classe, creatività e competenza di settore ha permesso una notevole crescita della qualità e del gusto del made in Italy che, in seguito, si sarebbe imposto su tutti i palcoscenici del mondo, riuscendo addirittura a soppiantare il successo internazionale dell’operetta e del melodramma italiano.

Nel prossimo articolo saranno descritti, con dovizia di particolari, le peculiarità di quei tre nostri autori fuoriclasse che hanno lasciato un segno indelebile nella drammaturgia del ‘900 : Gabriele D’Annunzio, Luigi Pirandello e Eduardo De Filippo.

              

 

 

Adriano Zara

 

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