Il timido tra i parenti

Il timido tra i parentiNella vita ci sono persone timide, chiuse, malinconiche, disarmate, indifese che sono respinte e considerate poco vivaci. Sono persone imprigionate nel buio, nella oscurità polverosa della propria timidezza che viene scambiata per inerzia. Preoccupa sempre la mancanza di reazione, l’impotenza, l’indolenza delle persone timide che si riconoscono facilmente per la loro capacità di arrossire, segno che si vergognano, forse di se stesse. Di solito hanno paura di deludere le aspettative degli altri, per questo abbassano gli occhi ed evitano il confronto. Questa società ci ha rivelato che prova disgusto per gli umili, che non considera i riflessivi, i timidi, i docili ma quelli intraprendenti con gli occhi crudeli e pericolosi, quelli ribelli. I timidi sono temuti, tenuti sotto controllo, considerati ingenui e persino inutili. I miti si sentono degradati, vorrebbero urlare la propria sconfitta. La timidezza, la riservatezza è come una maledizione, nessuno si avvicina per paura di morire di inedia. La timidezza urta per la sua pesantezza. Nessuno desidera un rapporto stretto con una persona timida e pessimista per la sensazione di vuoto che trasmette, perché fa vivere sensazioni sotto tono. Impulsivamente con un brivido di disgusto si respinge la persona chiusa, senza capire la sua natura interiore. Alcuni ipocritamente fingono amicizia, ma è un’amicizia viziata di bugie. La timidezza significa tirarsi indietro, rappresenta la rinuncia, a volte la sconfitta, significa non avere chance in mano, ritrarsi, subire, impallidire. Il timido è un amico scomodo, che non ha impazzire di gioia, per questo molti timidi si danno da fare per stare in piedi, per contare, per apparire normali, per dare una svolta alla propria vita. L’amicizia con un timido è possibile se c’è comprensione e rispetto, amore e carità. Il timido non si guarda allo specchio, vive isolato nel suo mondo, non è quotata la sua amicizia, e allora per lui diventa importante la famiglia, rifugio sicuro, posto tranquillo dove si sente se stesso. Il timido è sempre debole soprattutto verso le persone che gli vogliono bene. Il timido verso i parenti ha un debole, perché crede di risolvere ogni cosa in seno alla sua famiglia di origine. Altrove si sente non al sicuro. La famiglia lo libera, lo protegge, lo aiuta. Ogni giorno cresce la stima e l’interesse per i membri del suo clan, della sua famiglia. Spesso il timido riguarda le foto dei giorni trascorsi con i parenti. In famiglia si sente protetto, si sente a proprio agio, si sente se stesso. Pensa di essere apprezzato, ammirato, capito senza secondi fini. Si appoggia alla famiglia nel tempo. Lavora al massimo per essere scelto, stimato. Segue la sua famiglia come un cane da caccia la preda. Le altre amicizie le considera poco, con loro non si confida. Alcune amicizie le trova noiose, quasi un inciampo. Poi però scopre un gioco di sguardi fra parenti in sua presenza. Scopre per caso che i suoi nipoti, specie i più giovani, lo deridono. Alcuni parenti soffocano a stento le risate, hanno verso di lui smorfie di commiserazione. Di proposito lo prendono in giro. Il timido sa di non meritare tanto supplizio, vorrebbe trionfare sulla forza dell’umiliazione. I ragazzi, i giovani della sua famiglia, del suo sangue lo guardano storto, dicono male di lui. Lo considerano poco svelto, poco socievole, troppo silenzioso. Non si curano di ascoltarlo, di confortarlo in caso di lutto. Giovani di famiglia, amanti del lusso, gaudenti con magari i postumi di una sbronza, con le Nike ai piedi, la cravatta Lauren, lo guardano meravigliati e allibiti come se lui fosse un fiore raro, un essere ridicolo, come se lui non avesse il loro sangue nelle vene. Si creano situazioni di tensione, aumenta la ruggine e il disprezzo. Poi il timido si allontana dalla famiglia che non lo accoglie, vola verso altri lidi sperando di trovare persone a cui è stato insegnato il valore dell’amicizia e della parentela.

 

Ester Eroli

 

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