In un periodo avaro di contatti umani ci sentiamo in dovere di accettare vari tipi di approccio provenienti dal mondo esterno. Proviamo un piacere ardente a parlare con qualcuno. Spesso ci attacchiamo morbosamente a qualcuno pensando che sia come noi. Rabbrividiamo di piacere a conversare con lui, a raccontare i nostri piccoli segreti. Lieti e leggeri consideriamo con trionfo la nuova amicizia, la nuova conquista. Con i nuovi amici scompaiono per incanto ansie e paure. Spesso facciamo amicizia in fretta. Con i nuovi amici scherziamo, parliamo. Non siamo attenti e così non vediamo l’ombra che avvolge i nostri contatti. Spesso vogliamo amici a tutti i costi e accettiamo coraggiosi ogni conseguenza delle nostre scelte avventate. Siamo come giovanissimi smaniosi di conoscere il mondo, il prossimo.
Con il tempo scopriamo che questi amici non hanno con noi un comportamento cristallino. Sono invidiosi, meschini, villani, offensivi. Alcuni incarnano lo spirito del male. Sentiamo che l’amico invece di aiutarci ci vuole rovinare. Percepiamo la sua rabbia, il suo antagonismo violento. L’amicizia un tempo importante diventa una seccatura, una cosa penosa, una minaccia.
Per istinto vorremmo risolvere tutto e mettere le carte in tavola andando incontro alle ire, alle ritorsioni dell’avversario. Vorremmo prenderlo di petto, chiarire, costringerlo ad ammettere le sue colpe, a cambiare atteggiamento.
Poi scopriamo per incanto un’altra tattica quella di mostrarsi ironicamente benevoli. Un modo di accoglierli con il sorriso sulle labbra saccente, di chi ha capito il gioco ma tace per non sporcarsi le mani con il fango. Un atteggiamento di calma superiore, di indifferenza che raggela più di una parola di rimprovero.
Ci sono persone che non meritano il nostro interesse, la nostra afflizione. Meglio quindi indugiare in un atteggiamento distante ma corretto anche perché ci sono persone che non cambiano mai. Siamo solo noi illusi di poterlo fare.
Ester Eroli