Isolamento progressivo

Isolamento progressivoSin da piccoli, dall’asilo, siamo stati abituati a socializzare con gli altri. Abbiamo così evitato di litigare con tutti in nome della solidarietà e dell’amicizia. Agendo con cautela siamo stati alla larga dalle situazioni scabrose. A scuola abbiamo condiviso giochi, esercitazioni, compiti. Con coraggio abbiamo aiutato le persone in difficoltà, inventato punti di contatto. Per molto tempo tutto è filato liscio e noi ci siamo spinti in terreni inesplorati. Ci siamo impegnati al massimo con gli altri, abbiamo lavorato duro. Siamo stati dei trascinatori, degli amici sinceri. Abbiamo aiutato, difeso, protetto, preso l’abitudine ad ascoltare gli altri. Nelle nostre difficoltà abbiamo fatto in automatico affidamento sugli altri, senza sapere come sarebbe andata a finire, ma fiduciosi. Nella disperazione ci siamo lasciati andare nell’attesa di una mano amica. Educatamente in alcuni casi abbiamo chiesto conforto morale, oltre che aiuto materiale. Gli altri non hanno però risposto prontamente ai nostri appelli, hanno fatto orecchie da mercante. In molte circostanze ci hanno abbandonato, se non criticato persino aspramente. In certi contesti ci hanno respinti, abbandonati al nostro destino. Siamo divenuti il bersaglio di critiche, senza nessun sostegno. Usati come bersagli abbiamo sentito sulla pelle tutta la crudeltà del comportamento degli altri e abbiamo rabbrividito. Con gli abiti consunti, a brandelli, nessuno ci ha coperto, nonostante l’abbondanza di coperte. In alcuni casi ancora ingenui, abbiamo cercato sul serio di fare del bene agli altri in vari modi: abbiamo messo in contatto due gruppi che svolgevano lo stesso lavoro, abbiamo fatto conoscere una persona valida e utile a un altro, abbiamo suggerito soluzioni, abbiamo dato il nome di un farmaco per combattere un malanno, abbiamo accompagnato un persona. Ecc ogni volta abbiamo subito critiche, siamo usciti sconfitti. Le persone non hanno sentito i nostri consigli, ci hanno accolto con indifferenza e scetticismo. Gli atri ci hanno sempre osservato come dei nemici da tenere a bada e quando abbiamo cercato di fare dei favori ci siamo ritrovati la porta sbattuta in faccia in malo modo. Abbiamo cercato di mettere pace tra due amiche e loro hanno finito per non parlare più con noi oltre che tra di loro. il danno che si unisce alla beffa. Abbiamo cercato di mettere pace e né è scaturita una nuova guerra. Abbiamo cercato di far conoscere un uomo e una donna affini e questi hanno finito per litigare maledicendoci. Non ci entrava in testa l’idea che forse era meglio rimanere neutrali, restare a guardare che il destino facesse il suo corso. Dopo molti anni, a testa bassa , abbiamo lentamente imparato a non fidarsi troppo della gente, a non dire tutto agli altri, a non parlare troppo con donne pettegole, a non sputare nel piatto dove si mangia. Con un lampo di genio abbiamo cominciato a capire certi meccanismi. La nostra è stata una chiusura progressiva. La sconfitta che più ci ha bruciato è stata quella in cui siamo stati respinti proprio nel tentativo di correre in aiuto. Una ironia della sorte, una doppia delusione. Ci siamo asciugati le lacrime, siamo rimasti nel fondo umani. Tuttavia ci siamo messi al riparo da situazioni complicate e di fronte alla possibilità concreta di aiutare, per esempio a mettere in contatto due parti, ci siamo magicamente tirati indietro per paura delle ritorsioni, del peggio. Tutto questo non ha giovato agli altri, non ha giovato a noi. Ognuno preferisce sbrigare le proprie faccende personali da solo e noi abbiamo fatto altrettanto, ci siamo adeguati. L’umanità ancora non ha compreso l’importanza della collaborazione. L’unione in certi casi fa veramente la forza.

 

Ester Eroli

 

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