Ormai pare ufficiale: per qualsivoglia regista statunitense, di fama oppure ai primi sguardi dietro una macchina da presa, l’horror è un genere declinato a pseudopervertiti che accanto alla morte, al sangue, alle lacrime e al dolore vogliono vedere, quasi per un contrasto eros/thanatos vecchio di millenni, solo scene di sesso, ragazze (semi)nude con seni al vento e culi che ballano e si scatenano tra feste trasgressive, fiumi di alcool e droga.
Questo, infatti, è l’ennesimo sfondo dell’ennesimo film sulla voracità dei piranha: “ Piranha 3D”, diretto da Alexandre Aja ( “Le colline hanno gli occhi”, “ Riflessi di paura”) è, infatti, la storia di Lake Victoria, paradiso naturale dell’Arizona dove, dopo una scossa sismica, si apre una faglia sul fondo del lago aprendo un varco per un bacino sotterraneo dove vivono piranha preistorici. A breve, sulle rive del lago, ci sarà una sorta di rave party per adolescenti con musica e con tutte le bellone della zona, pronte per attirare giovani ben più famelici dei piranha stessi per un grande bagno (di sangue) finale.
ma l’uso che se ne è fatto fu ben diverso. Se pensiamo anche allo splatter italiano di Fulci e Argento o alla truculenta serie di delitti di “
Reazione a catena” di Bava vediamo che abbiamo grande tensione, qualità di regia e sangue senza avere questo contrasto di episodi di così basso livello. Eppure, già con “ Venerdì 13”, remake-plagio del film di Bava, il contorno cambia e delitti con le stesse modalità sono inseriti nel quadro di una vacanza a base di sesso, droga e alcol. Tanto per cambiare.
Se questo è il parere dei cineasti dell’horror sul genere stesso, che non ci si offenda poi se, quando ci si dichiara fan o registi del gore, si viene additati come amanti o produttori di cinema di serie B!
Mattia Gelosa