La compassione, un sentimento scomparso

La compassione, un sentimento scomparsoOgni giorno accadono fatti di sangue che ci colpiscono per la loro crudezza. Ci sono episodi criminosi che oltrepassano l’umana comprensione: donne accoltellate per strada, persone aggredite con l’acido, passanti colpiti a colpi di scure in prossimità di un parco, nella strada. Praticamente bisogna sempre stare sul chi vive. In tutto questo scempio ci colpisce la mancanza di sentimenti, la mancanza di compassione. La compassione, intesa anche come pietà, carità e benevolenza, non compatimento, è presente anche nella dottrina buddista e in quella tibetana dove la compassione si identifica nel desiderio del bene per ogni essere umano, nella volontà di alleviare le sofferenze. L’atteggiamento compassionevole mostra comprensione per la realtà umana, prova dolore per le sofferenze altrui, senza cadere nel ridicolo pietismo. Chi ha compassione di solito partecipa alla vita degli altri, condivide, sostiene, si dimostra solidale. L’amore gioioso verso il prossimo dovrebbe essere spontaneo, naturale, non ipocrita. Tutti noi dovremo instillare negli altri la speranza. Negli ultimi tempi si assiste a un sempre maggior distacco da sentimenti autentici come la pietà e l’amore. Bisognerebbe estirpare il male alla radice prima che mieta altre vittime. Sicuramente la prima palestra è la famiglia a cui segue a ruota la scuola. Genitori assenti durante tutto il giorno, nonni troppo indulgenti, scuole fatiscenti con insegnanti precari, strade pericolose mal frequentate, locali di infimo ordine non insegnano molto ai giovani che si affacciano alla vita. Naturalmente la responsabilità è di tutta la collettività se alla fine si generano solo mostri pieni di rabbia e rancore. Per dar voce alla compassione bisogna che essa alberghi in primo luogo nel nostro cuore.

 

Ester Eroli

 

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