La deriva delle istituzioni

La deriva delle istituzioniAnche se si continua ad aver fiducia nella democrazia in generale e nella nostra Costituzione in particolare, per quel che concerne la politica e i partiti politici che le gestiscono non si può dire altrettanto.

Senza entrare nella trappola del qualunquismo, non si può fare a meno di notare come le nostre basilari istituzioni stiano subendo una riprovevole e ingiustificabile deriva. Il rischio che la democrazia si trasformi in partitocrazia è dovuta all’evidente inclinazione dei partiti a diventare autentiche sanguisughe dello Stato. Quanti danni ha già causato all’economia nazionale la bramosia di questa classe politica, ormai definita dai più la casta che, sviluppatasi prepotentemente negli anni ’80, ha fatto lievitare a dismisura il debito pubblico e, conseguentemente, svuotare le casse dello Stato. Oggi ci troviamo con debito pubblico superiore a qualsiasi altro paese europeo e ogni legge finanziaria, a prescindere dal colore degli schieramenti, continua a chiedere sacrifici economici ai lavoratori, per lo più dipendenti, per ristabilire un po’ d’ordine nei nostri conti.

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Un tempo, fino al secondo dopo-guerra, sobrietà e risparmio erano i punti fermi di parlamentari e governanti; l’esempio dei De Gasperi, Einaudi, LaPira, Nenni, La Malfa, sono solo un tenero ricordo da raccontare con nostalgia ai propri figli e nipoti. I padri della rinascita e della ricostruzione del Paese, gli artefici del famoso boom degli anni ’60 sembrano appartenuti a secoli fa, ai tempi del Rinascimento.

Oggi la casta gode d’immensi privilegi. In 150 anni d’unità d’Italia, i nostri parlamentari sono riusciti a percepire gli stipendi più alti d’Europa, rimborsi smisurati, auto blu, agevolazioni e sconti di ogni tipo e, cosa scandalosa, la possibilità di aver diritto a una congrua pensione (3000€) dopo appena 35 mesi di servizio, cioè una legislatura, il doppio, dopo due legislature, il triplo dopo tre etc. Certo, bisogna fare i dovuti distinguo, perché non tutti i parlamentari sperperano il denaro dello Stato, c’è anche qualcuno che ci rimette di tasca propria, ma pochi limitati esempi non possono farci dimenticare che la stragrande maggioranza di loro, approfitti, senza ritegno del denaro pubblico. Non è pensabile che i nostri rappresentanti delle due Camere non sappiano o, fingano di non sapere, numeri e cifre a dir poco clamorose che testimoniano gli eccessi dei costi della nostra politica.

E’ora d‘uscire dalla vergognosa cultura dello sperpero che ha reso i nostri onorevoli sempre più avidi e pretenziosi. Sì, perché ogniqualvolta son chiamati a votare sui loro aumenti di stipendio e di appannaggio, sono sempre tutti d’accordo, all’unanimità. Questo agire, unitamente agli spettacoli di maleducazione e arroganza che manifestano davanti alle telecamere durante la marea di trasmissioni politiche cui sono invitati e, ancor più grave, ai risultati ottenuti nell’ambito degli incarichi deputatigli dalle Istituzioni, li rende sempre più lontani dai cittadini e dalle esigenze degli stessi.

Eppure, leggi adeguate a contrastare tali comportamenti non mancano. L’art.317 del Codice Penale, ad esempio”… sanziona quei soggetti pubblici che, attraverso comportamenti artificiosi, nonché minacciosi o violenti, strumentalizzano le loro qualifiche o funzioni, ricavandone indebiti vantaggi.” Ciononostante, l’attuale realtà ci presenta un incremento dei reati dei pubblici ufficiali,  parlamentari compresi, contro La Cosa Pubblica. Soprattutto nell’ultimo ventennio le innumerevoli Tangentopoli hanno evidenziato episodi di sistematica illegalità finalizzata al profitto e alla strumentalizzazione dello Stato Sociale. E’ sotto l’occhio di tutti come molti politici, protetti dai rispettivi partiti d’appartenenza, siano riusciti a contrabbandare i diritti fondamentali dei singoli con forme tipiche di privilegio.

Come logica conseguenza, si assiste al progressivo affievolimento del controllo amministrativo sulla gestione del denaro pubblico in virtù di una concentrazione sempre più utilitaristica del potere. Non c’è da meravigliarsi se poi, l’utilizzo di una tangente, come mezzo di accesso al sistema diritto-privilegio, sia finito per diventare una normale prassi fatalmente inevitabile. Il rapporto collusivo, così, è diventato un peccato veniale del mal comune mezzo gaudio, determinando un decisivo mutamento della morale sociale che ci sta conducendo, inevitabilmente, alla deriva delle istituzioni.

Concludo, amaramente, che la legislazione vigente è inadeguata nei confronti dei delitti di corruzione, concussione e malversazione, poiché nonostante i vari interventi normativi quali la legge 86 del 1990, la 181 del 1992 e la 300 del 2000, i risultati ottenuti sono modesti, infatti, il trend di tale genere di reati è (sig!)sempre più in aumento.

 

Adriano Zara

 

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