La sofferenza del ceto medio

La attuale crisi economica vede protagonista indiscussa la manovra Monti. Il governo tecnico cerca di arginare il dilagare dell’inflazione e dei fenomeni ad essa connessi attraverso un aumento delle tasse. Il ceto medio è quello che più risentirà della crisi ed è quello più colpito dai provvedimenti presi. Pensiamo all’aumento delle stesse rendite catastali che colpirà i proprietari di case e di seconde case. Il ceto medio alla fine vedrà ridotto il suo stesso potere di acquisto e sarà costretto a ridurre drasticamente i consumi. Sarà questo ceto a pagare più tasse in proporzione ai propri redditi. Tuttavia in passato questo ceto ha avuto momenti fortunati. Dopo il 1948 lo sviluppo economico e la stabilità monetario garantirono la creazione di una fiorente piccola e media borghesia. Con il tempo questo ceto si è ampliato anche a causa dell’aumento degli enti parastatali, del numero dei dipendenti PA, del miglioramento dei tassi di interesse, della crescita del terziario, del proliferare delle imprese familiari. Questo ceto riuscì così a comprarsi delle case, delle seconde case, a mettere soldi da parte incrementando il fenomeno del risparmio. I primi segnali di crisi si sono avuti con il crack della Parmalat che ha colpito soprattutto i risparmiatori del ceto medio. Attualmente il ceto medio è tartassato dalle addizionali regionali, dalle tasse e sta scivolando verso la povertà. La sofferenza del ceto medio appare evidente anche se i governi cercano di mascherare. A livello psicologico il ceto medio subisce pesanti traumi. Viene escluso dalle classi elevate le quali lo guardano con aria di compatimento, con uno sguardo di sufficienza, di superiorità da un lato, dall’altro lato i ceti posti più in basso della scala sociale lo invidiano, lo guardano con sguardo torvo. Il ceto medio è costretto a camminare su un esile filo che ormai sta per spezzarsi in modo definitivo, salvo un provvidenziale intervento.

 

Ester Eroli

 

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