La solitudine come scelta

La solitudine come sceltaL’uomo per sua natura è un uomo sociale come sosteneva anche il filosofo Aristotele. I primi uomini cacciavano in gruppo, si riunivano in villaggi, vivevano in grotte. Le stesse famiglie patriarcali dell’ottocento vivevano tutte insieme nel grande e austero palazzo di famiglia. Parenti e consanguinei vivevano sotto lo stesso tetto, condividendo lavori e svaghi. La società con il tempo si evoluta, è progredita lasciando inevitabilmente più spazio alla libertà del singolo. Nelle città moderne le statistiche parlano chiaro: sono aumentati i nuclei familiari composti da una sola persona. Tutto questo in America come in Europa. Le separazioni, i divorzi hanno aumentato progressivamente il numero dei single che vivono soli. La solitudine è divenuta una scelta consapevole, necessaria, fondamentale. Certi lavori che si svolgono portano sempre più verso l’isolamento. Un programmatore di pc deve avere un ambiente di lavoro poco rumoroso per concentrarsi in modo adeguato. Alcune volte abbiamo scelto volutamente la solitudine. L’amicizia, l’amore ci hanno deluso. Per una donna essere amica di un’altra donna è difficile, il rapporto può nascondere insidie, invidie, gelosie, rivalità. E’ altrettanto però difficile essere amica di un uomo, per vari motivi: la gente pensa sempre male, gli uomini alla fine esigono qualcosa di più di una semplice amicizia ecc. Per un uomo gli amici possono essere potenziali rivali nel mondo del lavoro e nell’amore. In molti casi ragazzi hanno perso la fidanzata per colpa del migliore amico. Allora ci lasciamo andare fra le braccia del silenzio e della solitudine. Scopriamo la bellezza assoluta di una passeggiata solitaria in compagnia di noi stessi. Poi pensiamo al protagonista del romanzo di Giuliano Perlà. Renato ha scelto di vivere da solo, ha scelto di non attaccarsi ai luoghi, alle persone, e per questo cambia sempre città e lavoro. Vive in un piccolo appartamento, scrive, ripensa ai giorni dell’infanzia quando erano vivi i suoi genitori, ascolta musica classica, viaggia in luoghi d’arte e natura, si affida solo ad amicizie occasionali, quelle di una sera, che non lasciano spazio. Non si lascia penetrare dagli altri, se li lascia scivolare addosso come la pioggia d’autunno. Non è felice della sua decisione, ma si definisce contento, realizzato. La costante della sua vita è stata la fuga, quel continuo cambiare posizione lavorativa e luogo di abitazione per non affezionarsi troppo a ciò che da un momento all’altro poteva perdere. Si fugge, ci si ritira nei propri appartamenti per non accettare la sfida della vita, per non confrontarsi con gli altri, per l’insensata paura della sconfitta, della perdita. Un giorno Renato incontra una donna che subito smette di frequentare per paura che lei possa divenire una importante abitudine. Alla fine decide di abbandonare la città per iniziate una nuova vita da un’altra parte, come aveva sempre fatto del resto. Con la macchina carica di poche cose esce dalla città e si dirige sicuro verso l’autostrada. A un certo punto torna indietro deciso a dare una chance alla donna che gli sta prendendo il cuore, suo malgrado. Gli anni passano e la giovinezza dilegua e l’aiuto degli altri in alcuni casi diventa indispensabile. I giovani sono convinti che si può fare a meno degli altri, ma non hanno mai fatto i conti con la realtà. La vita presenta sempre il suo conto in relazione anche alla nostra disponibilità. Chiudere il cuore nella solitudine non migliora la vita.

 

Professor Massimo Casacchia: la solitudine. Meglio accompagnati che soli.

 

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