La speranza, la mancanza del nostro tempo

Nel secondo dopoguerra l’Italia era uscita stremata dal conflitto bellico. La seconda guerra mondiale aveva scatenato una crisi economica e sociale di vaste proporzioni. Le problematiche emerse nel nostro paese erano tutte legate alla guerra. Era una situazione caotica, complessa che richiedeva un grosso sforzo, anche politico. La guerra aveva cambiato la fotografia del nostro paese, le perdite erano state impressionanti. Esistevano drammi umani da risolvere, ma anche la ricostruzione da attuare, debiti da sanare. L’impegno maggiore era quello di ristrutturare un paese bombardato, pieno di macerie con palazzi sventrati. La guerra aveva cambiato la geografia del territorio. Certi paesi erano solo cumuli di maceri, ammassi di sassi e pietre. Il profitto per molti era dietro l’angolo, ma nessuno osava speculare sul futuro, le ferite erano ancora aperte e sanguinavano copiosamente. Gli italiani si rimboccarono le mani, i governi si impegnarono seriamente senza pensare al tornaconto personale. La posta in gioco era rimettere in sesto un paese alla deriva, mutilato, sull’orlo di una crisi di nervi. Le conseguenze della guerra furono anche politiche oltre che sociali. Tuttavia tutta la classe dirigente si impegnò per garantire un cambiamento, per dare risorse al paese. Nell’attuale contesto di crisi economica i dirigenti pensano ad arricchirsi spudoratamente tassando oltremisura il ceto medio. In realtà salta agli occhi un elemento, ai nostri giorni manca un sentimento particolare: la speranza. Tutti gli anziani che hanno vissuto l’epoca del dopoguerra hanno dichiarato che avevano nel cuore la speranza. La speranza di un futuro migliore, di un avvenire.

 

Ester Eroli

 

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