Meditazione

meditazioneIl nostro quotidiano è fatto spesso di inutili rituali, ripetitivi. Ci concentriamo consapevolmente solo su alcune questioni dimenticandone altre forse più importanti. Ci viene naturale al mattino accendere la tv, la radio, mangiare in compagnia dei familiari. Durante il tragitto per andare al lavoro ed affrontare un’altra giornata ascoltiamo la musica in autobus con le cuffie e in auto. Al lavoro passiamo il tempo libero della pausa al telefono, in cerca sempre di contatti. Nel pomeriggio facciamo la spesa in supermarket con la musica a tutto volume o dal dentista dove si usa ugualmente una musica di sottofondo. Il sabato e la domenica lo dedichiamo a varie occupazioni, a visitare mostre, a navigare su internet in cerca di altri internauti. Una vita caratterizzata dai rumori più o meno forti, una vita senza variazioni di rilievo. Il fatto è che non sopportiamo più il silenzio, lo stare soli. La vita solitaria ci lascia indifferenti, la consideriamo inutile e nociva. Abbiamo bisogno costantemente di suggerimenti, di stimoli uditivi, visivi. Abbiamo imparato a gestire in modo pratico il rumore. Se siamo soli in casa accendiamo lo stereo, ascoltiamo musica da discoteca. Il silenzio è giudicato noioso, scomodo, insignificante. Ascoltiamo i dibattiti politici in televisione mentre cuciniamo o telefoniamo in una totale confusione in cui riusciamo appena a apprendere l’essenziale. Solo il rumore, lo stordimento ci conduce al paradiso, ci da vigore, ci gratifica, ci rende creativi. Odiamo sempre il silenzio cupo e serioso e per risollevarci spesso andiamo alla fonte del rumore, quello assordante, complicato. Dal silenzio non ci aspettiamo nulla, da lui può scaturire solo nebbia. La semplicità non ci piace. Ci nascondiamo dietro il chiasso, magari di comitive. La nostra specialità è proprio quella di immergerci nella sonorità. Il trucco per non sentirsi soli, come poi realmente siamo, sta proprio nel rumore assordante, potente. Ci stordiamo nel traffico, nelle strade affollate, nei centri commerciali. Eppure senza ombra di dubbio siamo soli. Ci sono persone ammalate che nessuno visita e che sono costrette a scendere da soli per buttare la spazzatura, e fare la spesa, persone che restano morte in casa per mesi senza che nessuno le cerchi, nemmeno i vicini di casa. Il rumore ha coperto tutto con il suo manto. I bambini mentre i genitori parlano ascoltano in cuffia la musica o giocano con i videogiochi o giocano con il cellulare. Nel tempo libero i nostri passatempi sono tutti all’insegna del caos, partite di calcio, discoteche, cene con amici, ristoranti, spiagge piene di gente. Soli non ci stiamo mai, ma solo in  teoria. Poi siamo soli quando cadiamo in strada e nessuno di raccoglie, quando ci sentiamo male in ufficio e tutti fanno finta di nulla, quando ci scippano e la gente intorno a noi resta impassibile  e muta, non solo non interviene ma non parla. Non meritiamo neppure una parola di conforto. Poi un giorno ci siamo resi conto di essere arrivati al limite della sopportazione. Non c’è più spazio per la meditazione, per la riflessione, per un lavoro introspettivo. Nel silenzio ascoltare noi stessi ormai ci fa paura perché portiamo impressi nell’animo tutti i segni della moderna civiltà che ha abolito la comunicazione reale per sostituirla con altre forme tutte virtuali e false. Tornare a meditare sarebbe la cosa migliore, magari chiusi nella nostra stanza, nella solitudine della nostra casa di campagna, anche solo per un quarto d’ora. La meditazione serve per capire gli altri per comprenderci, per tessere le fila del nostro destino spesso alla deriva, per fare il punto di delicate questioni. Invece agiamo di impulso e finiamo sotto un treno con le cuffie alle orecchie. Invece magari non abbiamo voluto sentire la vicina di casa che si lamentava per i dolori alle ossa. Meditare qualche volta è anche comprendere.

 

Ester Eroli

 

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