Tuttavia in alcuni contesti assistiamo a uno strano fenomeno. Negli uffici, negli ospedali, nelle università dove sono presenti più dipartimenti le donne di successo si spartiscono il potere, si dividono i dipartimenti. La divisione non avviene in modo semplice, ma cruento. Le donne si combattono senza esclusione di colpi, fino ad annientare la rivale, fino allo stremo. Sono lotte a corpo a corpo, senza esclusione di colpi, violente, audaci, meschine. Si intacca la sfera privata della rivale, la sua integrità, la sua morale. Sono lotte condotte sul filo del rasoio, sanguinose, piene di veleno, di strani pettegolezzi. Alla fine avviene la spartizione delle sfere di influenza, che dovrebbe rimettere ordine nel caos. Invece le lotte fratricide continuano. Le donne continuano a farsi la guerra con rabbia e determinazione, con perfidia e odio. In queste lotte clandestine, condotte al chiuso di una struttura nulla traspare all’esterno, dove tutto sembra filare liscio. In queste guerre intestine a rimetterci ovviamente sono i dipendenti che non sanno più che cosa fare. I loro capi si fronteggiano, si schermiscono, si attaccano, si distruggono. Ogni donna incenerisce l’altra con le parole, con i fatti. Allora una pratica viene bloccata per far dispetto all’altra, una riunione viene saltata per impedire all’altra di farsi notare. Boicottaggi, soprusi, chiacchiere sono all’ordine del giorno, scontri, polemiche, rimproveri, aggressioni verbali. Spesso volano gli insulti, serpeggiano le insinuazioni, si fanno strada le ripicche. Una guerra sotterranea che logora, che lavora sotto traccia, che ogni tanto esplode in richieste, rivendicazioni, critiche, assalti rabbiosi. Intanto i pazienti negli ospedali attendono il loro turno, gli impiegati cercano da soli la soluzione ad un annoso rovello.
Le donne si combattono a colpi di parole sferzanti, di ironie, di sarcasmo, a colpi di vestiti. Infatti nelle grandi occasioni ognuna sfoggia l’abito più bello per superare l’altra, per metterle rabbia, per sfidarla dimostrando di essere superiore. Se la guerra avviene anche in presenza di capi uomini ognuna cerca di accaparrarsi la stima del collega. Invidie, gelosie si susseguono arrivano fino alla morte e persino oltre. Si dice male della rivale fino alla fine dei giorni, senza sosta, senza tregua, senza un attimo di riposo e esitazione, senza batter ciglio, di continuo, come un flusso inarrestabile , senza sosta . Si combatte con tutti gli strumenti a disposizione, come se fosse la cosa più naturale di questo mondo. Si ricorre a tutti i mezzi per metter in cattiva luce l’altra. Si arriva a mettere in campo fatti privati, episodi del passato. Inesorabilmente ogni donna cerca di eliminare tutte le possibili rivali in una lotta al limite della follia. L’altra diventa oggetto di insulti, di vituperi, di frasi piccanti. L’altra viene accusata di non saper parlare, di non essere elegante, di essere trascurata, incompetente e superficiale, volgare e insensata. Solo qualche volta nascono delle amicizie fra donne di potere per scambio di favori ma sono rare. Nessuna donna getta mai la spugna nella sua testardaggine. Allora si creano incomprensioni che fanno male e il lavoro procede al rilento, subisce brusche decelerazioni. Sarebbe necessario pensare solo al bene dell’azienda non alle antipatie personali.
Ester Eroli