Per un misterioso meccanismo ogni atmosfera era intrisa di lusso. Ognuno seguiva solo le grandi firme. Tutti ambivano ad avere certi oggetti come divi del cinema. Tutte le donne più graziose, più sensibili alle mode, covavano il desiderio di avere un gioiello Damiani, una spilla rara di Bulgari, un pezzo di Armani fosse anche un ombrello. Ci sembrava assolutamente corretto comprare oggetti firmati che assecondavano le nostre voglie di lusso.
Poi è arrivata la scure della crisi economica, un brutto colpo per il commercio che ha sconvolto gli acquisti, persino quelli natalizi. Molti, con il budget compromesso dalla crisi, si sono controllati nelle spese. Con irritazione abbiamo rinunciato ad alcuni beni di lusso, superflui e ingombranti. La crisi non ha perdonato, non ha fatto sconti, ha tolto la libertà dello shopping, il gusto di comprare oggetti piacevoli. I prezzi a un certo punto sono scesi e con essi pure la qualità.
Osservando attentamente non possiamo fare a meno di mettere a fuoco un elemento nuovo e inquietante. Sicuramente l’esperienza attuale ci mette davanti a un fenomeno a dir poco inquietante ossia l’aumento del divario tra le classi sociali. Da un lato ci sono le classi più basse sempre più povere costrette a comprare nei locali cinesi cose a sottocosto, infatti i negozi cinesi sono aumentati, dall’altro le classi elevate che continuano lo shopping sfrenato nei centri storici delle più importanti città del mondo, nei regni indiscussi del lusso. Il regno del lusso continua a brillare ma per un pubblico sempre più ristretto. Nel passato c’era stata una certa uniformità fra le classi ora tornano le discriminazioni sociali e con esse il dolore di essere esclusi dal grande bacchetto della vita. Forse dovremo fare una severa autocritica e dire che era meglio se, al tempo delle vacche grasse, avessimo risparmiato invece di dilapidare tutto come cavallette impazzite, tanto le classi elevate si salvano sempre da qualunque parte tiri il vento.
Ester Eroli