Ciò premesso, mi preme citare l’impressione che ho ricevuto di Barak Obama sin da quando era uno dei tanti giovani senatori rampanti e promettenti del Parlamento Americano… Il giorno del Berlusconi-day in cui il nostro Premier tenne un discorso presso il Congresso Statunitense su invito del Governo allora presieduto da G.W Bush: Obama fu inquadrato dalle telecamere mentre sbadigliava alla grande e per di più, al momento dell’ovazione tributata all’oratore italiano, fu l’unico ad alzarsi corredato da palese disinteresse….Era contestazione la sua? Non credo, semplicemente una poco diplomatica e affatto ipocrita noia. Diventato Presidente, nonostante non godesse i favori del pronostico, Obama, primo di colore nella storia del suo paese e primo ad essere definito “abbronzato” dal nostro Premier, si è ritrovato di fronte a Berlusconi in due occasioni. La prima, che ci mostrò un elegantissimo (come sempre) Obama, formale e distaccato ma molto soddisfatto, allorché annunciò dalla sala stampa della Casa Bianca, l’accordo FIAT- CHRYSLER, intessendo elogi sull’Italia per quella commercial-industriale iniziativa che salvava dal baratro parecchie migliaia di lavoratori americani. La seconda in Italia, allorchè dopo la riunione del G8 a L’Aquila, il Berlusca lo portò a fare un giretto nel centro della città sconvolta dal terremoto. Si è visto un Obama diverso, in maniche di camicia e compagnone, cingere le spalle del gongolante premier italiano, nel mentre gli prometteva sostanziosi aiuti economici per il restauro di alcuni importanti monumenti del capoluogo abruzzese….Due diverse facce di un premier giovane, simpatico e sveglio ma ora in evidente difficoltà.
L’economia e la disoccupazione sono i temi su cui non è riuscito a dare disposizioni efficaci, prendere i giusti provvedimenti all’uopo, la situazione gli sta sfuggendo di mano, d’altronde quando colossi finanziari come la Lehman Brothers e la Morgan Stanley falliscono, trascinando con un effetto domino un intero sistema economico, quando la disoccupazione sale al 9%, la più alta degli ultimi 50 anni, nonostante nella sua campagna elettorale e durante il suo mandato avesse dichiarato con tracotante sicurezza di conoscerne i rimedi…allora si comprende come mai il suo gradimento presso l’elettorato americano è sceso addirittura al 37%! Lui stesso ha ammesso pubblicamente che il suo popolo sta peggio di quattro anni fa. Il suo “Jobs Act” ha fallito! E quando la nave comincia ad affondare ecco il fuggi fuggi: alcuni suoi consiglieri, anche importanti, lo hanno già lasciato, ai vari E. Goeas, E. Rollins, D. Polyansky si è aggiunta anche Michel Bachman, eroina delle elezioni. lo slogan “Jes we can” dimostratosi di rapida ed efficace presa elettorale, si è deformato in un irriverente “Jes we can’t”. Anche lui si è lamentato dell’assenza di collaborazione da parte dell’opposizione, i repubblicani hanno sempre detto un secco “no” a ogni richiesta di collaborazione. Ora il 55% degli americani è convinto che alle prossime elezioni sarà un candidato repubblicano ad assedere alla Casa Bianca, ma i sondaggi si sa, spesso sono smentiti dai fatti, anche negli Stati Uniti.
Chissà come finirà. Nel mio piccolo posso solo dire che tutto sommato mi è simpatico.
Adriano Zara