Omaggio a Marguerite Yourcenar

Omaggio a Marguerite YourcenarSpesso mi capita tra le mani o io stesso vado a cercarlo per rileggerne qualche brano, un libro che non avrebbe mai potuto mancare nelle mia biblioteca: Memorie di Adriano.

Quando mi fu regalato una trentina di anni or sono, forse più a causa del mio nome di battesimo, che per gli effettivi contenuti, non avrei mai immaginato che avrebbe suscitato in me profonde riflessioni e anche un pizzico di sana invidia per chi aveva scritto un libro di cui mi sarebbe piaciuto immensamente poterne essere l’autore. Ritrovai profondità di pensiero e considerazioni che attingevano non soltanto nella filosofia antica, ma anche nei meandri della psicanalisi, nelle etiche delle diverse scuole di pensiero e nelle differenti tecniche di esplorazione mentale. Ho letto Freud e Jung e, pur interessanti, li ho trovati piuttosto noiosi e non mai voluto approfondire più di tanto lo studio della psicanalisi, ma il suo modo di attraversare le sensibilità del pensiero umano, mi attrassero come mai. Sapeva toccare tasti delicati come l’omosessualità e la segregazione razziale con semplicità ed eleganza, riuscendo a farmi aprire gli occhi già ottenebrati da una sottocultura edonistica figlia del consumismo.

Così oggi, nell’intento di porle omaggio voglio parlare di Lei, brevemente, informando quei lettori che ancora non la conoscono, senza annoiarli.

Marguerite Cleenewerck De Crayencour nacque in Belgio, a Bruxelles, nel 1903. Ha firmato ogni sua opera con lo pseudonimo Yourcenar che non è altro che l’anagramma di Crayencour. Può essere considerata uno dei cervelli più creativi e sensibili della letteratura del ‘900, anche se per molti critici è considerata un’autentica sognatrice che viaggiava nel suo fantasioso mondo onirico.

Dopo aver molto viaggiato, specie in Oriente, e aver approfondito la filosofia e la profondità sentimentale di quei popoli, cominciò a sintetizzare il suo pensiero e a trasferirlo sui suoi scritti. Certamente doveva essersi nutrita anche dei grandi autori del rinascimento italiano, specie in considerazione di certi suoi espedienti stilistici di grande presa sul lettore, sebbene fondati su una elegante semplicità esplicativa. Dal punto di vista lessicale e concettuale, riuscì a creare un personalissimo stile che connubiava la cultura rinascimentale con quella orientale.

Altre opere come l’Alexis, il Colpo di grazia, Novelle orientali, Fuochi, l’hanno proiettata nel Gotha dei grandi scrittori, tanto da meritarsi l’ingresso nell’Accademie Française, unica donna a esserci mai riuscita.

Non si è mai permessa di propinare prediche e produrre facili arringhe sul costume e sui sentimenti umani, ma le sue seguitissime conferenze nelle varie Università e nelle Accademie, sono state un esempio di classe, sobrietà e profondità di pensiero.

Amava l’Italia, ne conosceva la storia e aveva studiato a lungo il modo di pensare del suo mosaico etnico. Le piaceva la nostra intelligenza e soprattutto la fantasia, rimanendo affascinata dalla incredibile quantità di uomini di genio prodotti dal nostro Paese.

Non ha mai nascosto la sua omosessualità, tantomeno se ne è mai vantata o lamentata, la sua unica stravaganza è relativa al suo testamento culturale che, per sua estrema volontà, dovrà essere reso pubblico solo nel 2037, cioè a mezzo secolo esatto dalla sua morte, avvenuta nel 1987.

Sosteneva che forse, solo allora, certi suoi concetti potranno essere visti con occhio meno condizionato dal giudizio morale dei benpensanti.

Concludo con una sua massima che credo condivisibile da ogni scrittore: “…Scrivere è una scelta perpetua tra mille espressioni, nessuna delle quali, avulsa dalle altre, mi soddisfa completamente.”

 

Adriano Zara

 

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